Teoria gender: dove sono gli ambientalisti?

La teoria gender è una forma di violenza, perché attua una vera e propria manipolazione della psiche umana. Insegnare ai bambini l’inesistenza della differenza naturale tra maschile e femminile e l’assoluta insignificanza del dato biologico per definire la propria identità sessuale, tanto da lasciare libertà di scelta circa il tipo di genere da adottare da grandi (e sappiamo che l’elenco è assai lungo…), non è altro che un attacco volto a destrutturare e modificare la stessa natura umana.

L’obiettivo è la creazione di un uomo e di un mondo nuovi, così come profetizzati da Aldous Huxley ottant’anni fa.

Di fronte a questo vento di follia i primi a ribellarsi dovrebbero essere gli ambientalisti. E invece da quel mondo arriva solo un assordante silenzio. È vero che, come diceva Andreotti, i cosiddetti “verdi” sono sempre stati come le angurie, ovvero verdi fuori e rossi dentro.

Eppure, qualche decennio fa, alcuni di loro, in tema di vita umana, hanno assunto posizioni coraggiose e controcorrente, improntate al buon senso, alla ragione e al rispetto della legge naturale.

Nel 1987, ad esempio, 22 esponenti del mondo ecologista (in maggioranza non cattolici) firmarono un manifesto di sostegno all’Istruzione Donum vitae, con cui la Congregazione per la Dottrina della Fede, guidata dall’allora cardinale Ratzinger, si occupò del rispetto della vita umana nascente e della dignità della procreazione, ribadendo la tradizionale dottrina cattolica in campo bioetico.

In questa “Dichiarazione di un gruppo di esponenti ecologisti sulla ‘Istruzione Ratzinger’ relativa ai problemi morali connessi alla fecondazione artificiale e sperimentazione su embrioni”, i firmatari dichiaravano di essere d’accordo con la Chiesa su quattro punti: «Il rifiuto della neutralità morale della scienza e della tecnica e perciò l’affermazione dell’immoralità “in sé” di alcuni mezzi tecnici, indipendentemente dai fini. Il rifiuto della delega a esperti (biologi, medici, ecc.), alla tecnica o all’uomo come soggetti donatori di vita e di morte su comando, perché “nessun uomo può pretendere di decidere l’origine e il destino degli uomini”.

Il riconoscimento che “attraverso il corpo viene raggiunta la persona stessa” e perciò quello che tocca il corpo tocca anche la persona. L’implicita affermazione del senso del limite come essenziale a uno sviluppo non distruttivo ma equilibrato delle possibilità umane».

Ovviamente nel mondo progressista e radical-chic scoppiò la polemica. La comunista Rossanda fu tra le principali critiche del manifesto. Alla giornalista e politica del PCI rispose Alexander Langer, di cui il 3 luglio sono ricorsi i vent’anni dal suicidio.

Militante di Lotta Continua prima e poi fondatore dei Verdi, consigliere provinciale di Bolzano e poi consigliere regionale del Trentino-Alto Adige e infine europarlamentare, in un articolo sul Manifesto (“Cara Rossanda, e se Ratzinger avesse qualche ragione?”), il laicissimo Langer spiegò perché aveva firmato quella dichiarazione. Sono passati poco meno di trent’anni da allora e la situazione odierna è di gran lunga peggiore.

Pur continuando a sostenere posizioni inaccettabili come la bontà della legge 194 e un sostanziale consenso alle tecniche di fecondazione artificiale (consenso poco coerente con quanto affermava nello stesso pezzo), Langer riconosceva però che, ad esempio, «non è possibile non definire spaventoso il numero di aborti praticati e cercarvi rimedi, e non riconoscere un dovere etico di prevenire ed evitare la scelta dell’aborto».

E non esitava a chiedersi: «C’è qualcuno che si sente abortista? Non posso crederlo». Per questo sottolineava pure come, anche tra i sostenitori della depenalizzazione dell’aborto, «è stato sempre ribadito che ciò non significava certamente accettazione dell’interruzione di gravidanza come valore positivo o come scelta eticamente indifferente».

Affermazioni che non arrivano alle ultime e logiche conclusioni. Ma che oggi suonano quasi come una boccata d’aria fresca, visto come l’aborto sia ormai ritenuto un diritto sacrosanto da difendere e promuovere in nome dei “diritti femminili”…

Il punto forte dell’articolo di Langer, comunque, è l’attacco alla manipolazione genetica, giudicata pratica aberrante dalle conseguenze disastrose e tragiche. Si tratta di righe molto più attuali adesso che non trent’anni fa.

Ecco cosa scriveva: «Nel caso della manipolazione genetica siamo alle soglie di (e probabilmente già oltre) una pericolosissima e forse irreversibile violazione di equilibri naturali e biologici. Paragonabile, mi sembra, a quella della bomba atomica, e forse oltre.

L’idea della illimitata “perfettibilità” tecnologica delle specie viventi, quella umana compresa, e dell’emergere di un nuovo e spaventoso potere di predeterminazione e di costruzione artificiale di esseri viventi su misura dei desideri dei committenti (industriali, militari, politici…) è oggi assai vicina alla sua concreta realizzazione su scala prima sperimentale e poi industriale.

Se vogliamo, come credo si debba volere, fermare la violazione inconsulta di quella soglia – ed è anche un problema di democrazia! – e contrastare un’avanzata ormai pressante di potenti nuovi padroni del “bios”, della vita, bisognerà unire tutte le forze che vogliono e possono perseguire quest’obiettivo».

La manipolazione e la soppressione degli embrioni umani continua come prima e più di prima e la si ritiene un diritto e un progresso.

La fecondazione artificiale ne è uno dei tanti esempi. A tutto ciò, ora si aggiungono manipolazioni anche peggiori, come la compravendita dei figli attraverso la pratica dell’utero in affitto, la pretesa delle coppie omosessuali di ricorrere ad essa per possedere dei bambini e l’insegnamento della teoria gender nelle scuole. Ecco, se Langer fosse ancora vivo, cosa scriverebbe oggi?

Ci sono ancora ambientalisti con il coraggio di scrivere un nuovo manifesto per ribellarsi a questi attacchi alla natura e alla dignità umana?

Federico Catani

articolo pubblicato da Notizie Pro Vita