È stato firmato questa mattina nel Palazzo apostolico vaticano un atteso «accordo globale tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina» che era stato anticipato da una intesa bilaterale siglata lo scorso 13 maggio e conclude il percorso iniziato con un accordo base firmato il 15 febbraio del 2000 dalla Santa Sede e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp).
L’accordo, ha detto monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, ossia «ministro degli Esteri» del Vaticano, può «in qualche modo costituire uno stimolo per porre fine in modo definitivo all’annoso conflitto israeliano-palestinese» e può offrire «un buon esempio di dialogo e di collaborazione» in un Medio Oriente dove i cristiani vengono non di rado perseguitati. Israele ha espresso «rammarico» per bocca di un portavoce del Governo per «la decisione del Vaticano di riconoscere ufficialmente l’Autorità Palestinese come Stato».
L’accordo arriva dopo l’udienza concessa dal Papa al presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), il 16 maggio, che, il giorno dopo, aveva poi assistito alla Messa di canonizzazione delle prime due sante palestinesi dei tempi moderni, la carmelitana Maria di Gesù Crocifisso (Mariam Bawardi) e Marie-Alphonsine Ghattas, fondatrice delle Suore del Rosario, il 17 maggio a San Pietro.
Per la Santa Sede ha firmato Gallagher, e per lo Stato di Palestina il ministro degli Affari Esteri Riad Al-Malki. L’accordo, che non è stato pubblicato, è costituito da un preambolo e da 32 articoli distribuiti in otto capitoli e riguarda, così recita un comunicato vaticano, «aspetti essenziali della vita e dell’attività della Chiesa nello Stato di Palestina, riaffermando nello stesso tempo il sostegno per una soluzione negoziata e pacifica della situazione nella regione».
L’accordo entrerà in vigore una volta che ambo le parti avranno notificato per iscritto che sono stati soddisfatti i requisiti costituzionali o interni, fatto praticamente scontato.
«A differenza dell’Accordo appena menzionato – ha sottolineato Gallagher durante la cerimonia della firma – quello attuale viene firmato dalla Santa Sede con lo Stato di Palestina, e ciò come segno del cammino compiuto dall’Autorità Palestinese negli ultimi anni e soprattutto dell’approvazione internazionale culminata nella risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu, del 29 novembre 2012, che ha riconosciuto la Palestina quale Stato osservatore non membro delle Nazioni Unite.
Al riguardo – ha proseguito il Presule britannico – spero che il presente Accordo possa in qualche modo costituire uno stimolo per porre fine in modo definitivo all’annoso conflitto israeliano-palestinese, che continua a provocare sofferenze ad ambedue le parti.
Spero anche che l’auspicata soluzione dei due Stati divenga realtà quanto prima. Il processo di pace può progredire solo tramite il negoziato diretto tra le parti con il sostegno della comunità internazionale.
Ciò richiede certamente decisioni coraggiose, ma anche sarà un grande contributo alla pace e alla stabilità della Regione». Inoltre, «nel contesto complesso del Medio Oriente, dove in alcuni Paesi i cristiani hanno sofferto persino la persecuzione, questo Accordo offre un buon esempio di dialogo e di collaborazione e auspico che possa servire da modello per altri Paesi arabi e a maggioranza musulmana».
«Per la prima volta – ha sottolineato da parte sua il Ministro degli Esteri palestinese – l’Accordo include un riconoscimento ufficiale della Palestina come Stato da parte della Santa Sede, quale segno di riconoscimento del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione, alla libertà e dignità in un proprio Stato indipendente libero dalle catene dell’occupazione. Esso appoggia anche la visione a favore della pace e della giustizia nella regione, conformemente con il diritto internazionale, sulla base di due Stati, che vivono uno accanto all’altro in pace e sicurezza sulla base delle frontiere del 1967».
L’accordo, che «non sarebbe stato possibile senza il sostegno e l’impegno personale del presidente Abbas e senza la benedizione di papa Francesco verso i nostri sforzi al riguardo», rafforza «il nostro legame con disposizioni nuove e senza precedenti connesse con lo status speciale della Palestina quale luogo di nascita del cristianesimo e culla delle religioni monoteiste», ha proseguito Al-Malki, e incarna «i nostri valori comuni di libertà, dignità, tolleranza, coesistenza e uguaglianza di tutti», in un momento nel quale «l’estremismo, la violenza barbara e l’ignoranza minacciano il tessuto sociale e l’identità culturale della regione e sicuramente del patrimonio umano».
Il ministero degli Esteri di Israele ha espresso il proprio «rammarico» per «la decisione del Vaticano di riconoscere ufficialmente l’Autorità Palestinese come Stato», ha detto in una dichiarazione il portavoce Emmanuel Nahshon.
«Questo passo affrettato danneggia le prospettive di far avanzare un accordo di pace e nuoce agli sforzi internazionali per convincere l’Autorità palestinese a tornare ai negoziati diretti con Israele». «Israele non può accettare le decisioni unilaterali contenute nell’accordo, che non prendono in considerazione gli interessi fondamentali di Israele e lo speciale status storico del popolo ebraico a Gerusalemme. Israele studierà in dettaglio l’accordo e le sue conseguenze sulla futura cooperazione con il Vaticano».
Un articolo che appare nel pomeriggio su L’Osservatore Romano, intitolato «Un Accordo per contribuire alla pace», riporta sinteticamente i contenuti dei diversi capitoli, sottolineando, in particolare, «l’esplicito riconoscimento» di una «autentica “obiezione di coscienza” quale pratica coerente con il diritto alla libertà di coscienza, credo e religione»: «Si tratta di un modo articolato di pensare alla libertà di religione che supera ogni possibile restrizione determinata dal solo richiamo alla “libertà di credo, di culto e di celebrazioni religiose” che le normative di vari stati confessionali contemplano».
In un articolo sull’ultimo numero della Civiltà Cattolica, che esce domani, il gesuita David Neuhaus, vicario patriarcale a Gerusalemme per i cattolici d’espressione ebraica, ricorda che «la Santa Sede ha messo a punto la sua posizione nel corso degli ultimi decenni, sviluppando un’importante riflessione sul conflitto tra israeliani e palestinesi: una riflessione che tiene conto dell’impegno della Chiesa per la Terra Santa e per i suoi Luoghi Santi, per la comunità cristiana che vive lì, per una comprensione teologica della tradizione biblica, per il dialogo sia con gli ebrei sia con i musulmani e per la missione della Chiesa nel promuovere giustizia e pace.
La Chiesa continua a cercare un modo per proclamare i valori evangelici di giustizia e di pace, di riconciliazione e di perdono in Israele e Palestina».
Fonte: Vatican Insider