Francesco non crede ai messaggi quotidiani dei veggenti – di Luigi Accattoli

Luigi AccattoliPubblicato dal “Corsera” alle pagine 1 e 31 con il titolo: “Il Papa e l’antica diffidenza della Chiesa sulle rivelazioni private”  – Nell’omelia di ieri (10/6/15) al Santa Marta Papa Francesco trattando di “quelli che sempre hanno bisogno di novità dell’identità cristiana” ha fatto un brusco riferimento ai presunti “messaggi” delle apparizioni e “locuzioni” mariane: “Ma dove sono i veggenti che ci dicono oggi la lettera che la Madonna ci manderà alle quattro del pomeriggio? E vivono di questo. Ma questa non è identità cristiana. L’ultima parola di Dio si chiama Gesù e niente di più”.

Sapevamo che Papa Francesco era allergico alle “rivelazioni private”: lo raccontano le biografie e lo documentano i testi di quand’era arcivescovo di Buenos Aires.

Già una volta si era espresso con sarcasmo – in un’omelia del Santa Marta – sui continui messaggi che la Madonna manda ai suoi devoti “tutti i giorni” qua e là per il mondo. Ma nel richiamo di ieri c’è un elemento in più, contenuto nella sentenza – come dicevano i teologi medievali – che “L’ultima parola di Dio si chiama Gesù e niente più”.

E’ esattamente, verbalmente, la stessa sentenza affermata dal cardinale Ratzinger nel “Commento teologico” con cui nel giugno del 2000 accompagnò la pubblicazione della “terza parte” del Messaggio di Fatima: “In Cristo Dio ha detto tutto e pertanto la rivelazione si è conclusa con la realizzazione del mistero di Cristo, che ha trovato espressione nel Nuovo Testamento”.

E le rivelazioni private, tipo Lourdes e Fatima e altre dieci, per contare solo quelle “mariane” che sono state riconosciute dalla Chiesa? Dodici in tutto, su 295 per le quali era stato chiesto il parere di Roma. Le rivelazioni private sono – dice sempre Ratzinger – “un aiuto che è offerto, ma del quale non è obbligatorio fare uso”.

Del resto già Benedetto XIV nel Settecento aveva affermato categoricamente che «un assentimento di fede cattolica non è dovuto a rivelazioni [private] approvate in tal modo; non è neppure possibile. Queste rivelazioni domandano piuttosto un assentimento di fede umana conforme alle regole della prudenza».

Come a dire: se ci vuoi credere, puoi crederci ma non sei tenuto e comunque in quelle rivelazioni private non trovi nulla di essenziale che non sia già nell’«unica rivelazione pubblica», cioè destinata a tutti.

La “Civiltà Cattolica” già nel 1953, in un articolo su Fatima a firma del teologo fiammingo E. Dhanis, riassumeva in questi tre elementi il significato dell’approvazione ecclesiastica di una rivelazione privata: “Il messaggio relativo non contiene nulla che contrasta la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico; i fedeli sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione”. Autorizzati, appunto: non tenuti.

I Papi hanno sempre seguito questa regola aurea, sostanzialmente razionale e diffidente nei confronti delle torme di veggenti da cui sono stati sollecitati nei secoli e più che mai negli ultimi due. Ma se tutti i Papi erano guardinghi, Benedetto e Francesco appaiono addirittura refrattari: Ratzinger per razionalità teologica tedesca, Bergoglio per buonsenso pastorale latino.

Un’idea della loro impermeabilità soggettiva alla passione visionaria di cui traboccano movimenti e parrocchie l’abbiamo avuta con il fatto che il primo chiamò a presiedere la Commissione su Medjugorje il cardinale Camillo Ruini, che il secondo ha confermato nell’incarico. Di Ruini tanto e tutto si può dire ma non che vada pazzo per “locuzioni” e “visioni”.

Le conclusioni della Commissione stanno per essere pubblicate ed è verosimile che il Papa si limiti a recepirle nella loro asciuttezza.

Di sicuro non sarà lui a contraddire la prevedibile severità di quel verdetto: si dice che vi sia apprezzamento per i buoni frutti che “spesso” vengono dalla frequentazione di quel villaggio dell’Erzegovina, ma il giudizio sulla natura delle apparizioni resterà “sospensivo”: non diranno che non sono attendibili, ma non diranno neanche che lo sono.

“Provo un’immediata diffidenza davanti ai casi di guarigione e persino quando si tratta di rivelazioni o visioni; sono tutte cose che mi mettono sulla difensiva” ebbe a dire il cardinale Bergoglio nel volume di dialoghi con il rabbino argentino Abraham Skorka, tradotto da Mondadori nel 2013 con il titolo “Il cielo e la terra”.

Ogni parroco ha tra i suoi parrocchiani una dozzina di portatori di “messaggi”, i vescovi sono poi assediati da centinaia di “veggenti”. Ne fece buona esperienza anche Bergoglio da vescovo argentino, quale fu per 21 anni. “Spesso, a Buenos Aires, devo screditarne molti – affermò in quel volume – perché i casi di falsi profeti sono molto più comuni e frequenti di quanto si possa immaginare”.

Un caso recente di presunte rivelazioni private che mirano a condizionare i Papi si è visto il 9 maggio scorso, quando due persone in rappresentanza di una veggente di nome Conchiglia hanno incontrato Benedetto XVI nei Giardini Vaticani e gli hanno consegnato un volume che contiene accuse nei confronti di Papa Francesco.

Avendo costoro vantato l’appoggio del Papa emerito, don Georg, che era presente all’incontro, ha detto a Vaticaninsider che “se Benedetto XVI avesse saputo di che cosa si trattava non avrebbe accettato l’incontro: ci sono tanti che si dicono veggenti, in giro”. Le stesse parole di Bergoglio cardinale.

Luigi Accattoli

 

articolo pubblicato su Il blog di Luigi Accattoli