Risposta di Padre Angelo Bellon op, docente di teologia morale.
1. recitare una preghiera per una persona perché si converta è come accendere una luce per chi cerca uno spillo al buio.
Uno potrebbe respingere la luce, ma con la luce riceve un aiuto.
2. Ugualmente la preghiera esercita una sollecitazione da parte di Dio che ispira la persona per cui si prega, le dà dei segni, cerca di fare sentire una certa attrazione.
Ma uno rimane sempre libero di rispondere di no.
3. Bisogna ricordare che quando Dio muove una volontà ad accogliere i suoi doni non muove mai togliendo il libero arbitrio, ma sollecitando ad acconsentire.
Se togliesse il libero arbitrio, invano l’avrebbe dato all’uomo e questi non sarebbe più soggetto di merito o di demerito.
4. Attraverso la nostra preghiera insistente che interpone addirittura la preghiera efficacissima di Gesù Cristo, come avviene nei sacramenti e anche nella devozione alla divina misericordia, ci disponiamo come mediatori tra la benevolenza di Dio e le necessità del nostro prossimo.
Ma questi, col proprio libero arbitrio, può rifiutare anche la forza di una preghiera così potente.
5. Questo però significa anche un’altra cosa molto bella: poiché Dio muove sollecitando il libero arbitrio, se accettiamo l’azione della sua benevolenza, Dio ascrive a noi il merito dell’accoglienza di questo dono.
6. C’è da esclamare: come è buono il Signore! Ci ha dato il libero arbitrio e per mezzo di questo dono suo fa sì che i suoi doni diventino anche nostri, perché ad essi abbiamo corrisposto.
Fonte: Amici Domenicani
Testimonianza
Anni fa capitò che una mia collega, convintamente atea, un giorno iniziò a condividere con me il dispiacere per la malattia letale che aveva colpito una sua cara amica, cattolica praticante, per la quale nutriva affetto e grande considerazione. Mi aggiornava via via che il male inesorabilmente procedeva, finché una mattina mi comunicò che, non essendoci più nulla da fare, i medici l’avevano dimessa dall’ospedale per mandarla a morire nel suo letto.
Quella stessa sera mi attardai parecchio in varie faccende ed iniziai le mie orazioni molto tardi così che le terminai passata la mezzanotte. Mancava poco all’una del mattino quando mi ricordai della poveretta di cui mi aveva parlato la collega e di cui non ricordavo nemmeno il nome ma, anche se ormai era molto tardi, sentii di dover recitare la Coroncina della Divina Misericordia per affidare la sua anima al Signore, e lo feci con tutto il cuore.
Il mattino seguente e quelli successivi mi recai in ufficio senza ricordami di chiedere notizie della moribonda né la collega me ne parlò, finché la incontrai nel corridoio e le chiesi come stesse. “Abbiamo fatto il funerale l’altro ieri – mi rispose – ma è accaduta una cosa incredibile. Era in coma nel suo letto, vegliata dalle sue due figlie quando, a notte iniziata, all’improvviso si è svegliata e ha chiesto di recitare la corona del rosario. Le ragazze l’hanno accontentata e hanno pregato insieme a lei. Finito il rosario ha chiuso gli occhi”
Ovviamente le domandai quale fosse il giorno e l’ora in cui si era risvegliata: coincidevano esattamente con la notte e l’ora in cui avevo recitato la Coroncina della Divina Misericordia per lei.
La collega rimase del tutto indifferente a quella notizia, né in seguito ha mai mostrato interesse per la fede, ma lo stupefacente è che Gesù e la Madonna si sono serviti di un’atea per far pregare per un’anima, che evidentemente a loro era cara, del tutto sconosciuta a colei che avevano ispirato a pregare.
Ester Consalvi