Una donna di nome Chiara, che per amore arrivò a dare la vita

Chiara Corbella PetrilliQuale omaggio migliore alle donne, alla vigilia della giornata che ne celebra la festività, quale dono più gradito, che la testimonianza della vita meravigliosa di Chiara Corbella Petrillo. La sua immagine travolgente, già dipinta in modo magistrale nel libro Siamo nati e non moriremo mai più, ci raggiunge oggi attraverso un secondo scritto: Piccoli Passi Possibili (edizione Porziuncola).

A farcene dono sono i suoi cari: il marito Enrico, papà Roberto e mamma Maria Anselma, la sorella Elisa, gli amici Cristiana e Simone, i medici Daniela e Angelo, Suor Stella. E poi il padre spirituale Fra Vito e l’amico Fra Francesco.

Sono loro i “testimoni”, sono loro che con generosità ci regalano i ricordi personali di Chiara, i momenti trascorsi con lei, le parole dette, gli sguardi scambiati, le risate fatte insieme, le sofferenze condivise. Tutto come a ricomporre quell’incredibile opera d’arte che è la sua vita, con l’umiltà di chi sa che solo Dio ne è l’Autore. I “testimoni” raccontano Chiara alle migliaia di persone che, in tutto il mondo, hanno sentito la sua storia e vogliono conoscerla di più. Vogliono trascorrere ancora un po’ di tempo con lei. Sentirla un’altra volta parlare.

Chi è dunque Chiara Corbella Petrillo? Chiara è una donna, una donna come noi. Ed è innanzitutto una donna-moglie. Una donna che quando il rapporto con il suo amato Enrico non girava proprio, quando -come dire- era ‘crisi nera’, ha fatto di questa dura prova la strada per arrivare alla radice profonda del suo rapporto d’amore.

Come scrive Costanza Miriano nella prefazione: “Chiara, ti sei misurata con la paura di perdere Enrico, hai fatto i conti col tuo cuore, mentre lui faceva i conti con il suo, e avete entrambi capito che il vero rapporto centrale della nostra vita, quello che veramente ti cambia il cuore, ti fascia le ferite e ti cura, è il rapporto con il Signore”.

Chiara è una donna che ci insegna che le difficoltà, piccole e grandi, non sono un buon motivo per scappare, ma un’ottima occasione per imparare ad amare veramente. Che consegnarsi completamente al Signore fa rifiorire l’amore, rendendolo totalizzante.

Pochi mesi prima di morire, già malata terminale, Chiara dirà ad Enrico: “Sei tu la cosa che mi dispiace lasciare di più”. Suo marito, più di tutto e più di tutti, anche del figlio per la cui salvezza sarebbe poi morta.

Chiara è una donna-mamma. Chiara è una donna che dona il suo corpo per crescere e mettere al mondo una figlia che non può sopravvivere più di pochi minuti.

Eppure lo sapeva Chiara, che Maria Grazia Letizia non ce l’avrebbe fatta a rimanere con loro. “Avevo visto – racconta lei stessa – attraverso l’ecografia, che la scatola cranica della nostra bambina non si era formata. Anche se lei si muoveva perfettamente, per lei non c’erano possibilità. Io non me la sentivo proprio di andare contro di lei, volevo sostenerla come potevo e non sostituirmi alla sua vita”.

Maria Grazia Letizia rimane al mondo giusto il tempo di salutare i suoi cari e ricevere il battesimo. Questo giorno rimane per sempre nella memoria di Chiara come un giorno di festa perché “dove sta la tristezza di passare direttamente dalle nostre braccia a quelle del Signore?”.

Poi succede una seconda volta, Chiara si dona una seconda volta, si abbandona una seconda volta. Perché dopo Maria Letizia arriva Davide Giovanni. Anche nel suo caso le condizioni di salute non lasciano via di scampo e il secondo figlio “nasce al Cielo” dopo circa trenta minuti dalla nascita.

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