Resterà in Libia anche se la situazione appare sempre più difficile, questa è la sua missione: è la testimonianza di mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, francescano.
R. – Siamo pronti a testimoniare quello che siamo e quello che facciamo.
D. – Quindi, lei rimane a Tripoli …
R. – Devo rimanere! Come lascio i cristiani senza nessuno?
D. – C’è paura tra i cristiani?
R. – Certo che un po’ di paura c’è. C’è un gruppetto di filippini, siamo qui, proprio testimoni di quello che Gesù ci dice di fare. E basta.
D. – Lei personalmente ha paura?
R. – Ma … non lo so. Non credo. Se non ci fosse la fede, non saremmo qui.
D. – I jihadisti sono già a Tripoli …
R. – Sì, sono a Tripoli, certo.
D. – Voi potete uscire liberamente?
R. – Possiamo uscire, certo. Magari un momento o l’altro ci prendono e dicono: “Tu sei contro l’islam” … e basta. Siamo in una situazione di ambiguità. Ecco, questo è per mancanza di dialogo: c’è mancato il dialogo per tanto tempo, adesso bisogna recuperare il tempo.
D. – Che cosa si può fare di fronte a questa situazione?
R. – Davanti a questa situazione, è tutto da rifare. Tutto da rifare. Tutto da rifare, mio caro: tutto da rifare!
D. – Lancia un appello?
R. – La comunità internazionale dovrebbe essere capace di lanciare un dialogo con questo Paese che si è diviso e fa fatica a ritrovare innanzitutto l’unità interna. Cercare di essere strumenti di unità, innanzitutto per il Paese in se stesso e poi per il resto. Abbiamo pensato a prendere il petrolio, abbiamo pensato ai nostri interessi e ci siamo un po’ dimenticati del dialogo umano, sincero, tra le parti.
D. – Ora i jihadisti dicono: “Siamo a sud di Roma” …
R. – Sì, a Tripoli …
D. – Ci sono pericoli per l’Italia, secondo lei?
R. – Ma, l’Italia, non lo so: sono andati via tutti, gli italiani. Gli italiani sono partiti tutti. Allora, se ci sono pericoli non lo so. Comunque, di italiani non c’è più nessuno.
D. – I jihadisti accusano il governo italiano di essere un governo “crociato” …
R. – Io dico soltanto che forse è mancato un certo dialogo con il Paese e con l’islam in particolare.
D. – Lei è francescano: che messaggio ci dà San Francesco in questa situazione?
R. – Eh, Francesco dice: “Chi vuole andare tra i saraceni deve lasciare tutto e deve andare”. Noi siamo qui, in nome di Dio e in nome di San Francesco, con il desiderio di essere testimoni di Gesù nello stile di Francesco.
D. – Si può tornare indietro?
R. – Tornare indietro, come?
D. – A una situazione di pace…
R. – Basta volerlo, si può: come no?! E’ un po’ fanciullesco quello che dico, però se uno dice a un libico: “Senti, forse abbiamo sbagliato: che cosa si può fare per cambiare un po’ la situazione?”. Cercare di aiutarli a riflettere, però non con la forza, ma con il dialogo: penso che sia una cosa molto importante, questa. Penso.
D. – Come giudica il fatto che ci sono tanti europei di origine araba e islamica che si stanno arruolando nelle file dei jihadisti?
R. – Questo, io non lo so … Sicuramente non sono contenti del loro contesto sociale … Io non so rispondere a questa domanda.
D. – Vede un vuoto nella cultura occidentale?
R. – Un vuoto … certo che c’è, il vuoto. Un vuoto di dialogo, un vuoto di impegno a incontrare l’altro, preoccupandosi soltanto degli interessi e meno delle persone e dei valori.
D. – Quindi, dietro a tutto questo c’è anche l’interesse per il petrolio …
R. – Ma, è tutta una cosa … tanti sono i fattori che hanno contribuito a questa spaccatura tra le diverse civiltà. Cosa poter fare? Ma, se qualcuno ha il coraggio, si faccia piccolo, si faccia semplice e abbia il coraggio di incontrare questa gente con la volontà di capirli, innanzitutto; volontà di aiutarli a capire quello che vogliono.
D. – Qual è la sua speranza?
R. – Io ho la speranza che se c’è qualcuno che ha voglia di spendersi per questo popolo, che si faccia avanti: fate in modo che possiamo ritornare a una vita normale, a un dialogo fraterno tra civiltà. Non è facile, questo, adesso: non è facile. Però, penso che sia l’unica strada per rendere possibile questo incontro.
D. – La Libia adesso è nel caos, c’è tanta sofferenza tra i civili …
R. – E’ chiaro, è chiaro. Ma questo non è soltanto per i cristiani, ma anche per i libici stessi che ci amano, che ci vogliono bene, che fanno di tutto perché possa ritrovarsi un rapporto più normale. Voglio dire: adesso ci ritroviamo in questa situazione: penso che sia importante capire che cosa possiamo fare con questa gente.
D. – Anche i Paesi arabi: che cosa possono fare i Paesi islamici?
R. – Bravo! Sì, proprio i Paesi arabi, musulmani potrebbero anche loro – certo – fare in modo di ritrovare una certa serenità.
D. – La gente si chiede: “Chi c’è dietro a questi jihadisti? Chi dà loro i soldi?”.
R. – Ehhh … c’è il petrolio! I pozzi di petrolio della Libia, quelli del Golfo Persico, eccetera …
Testo proveniente dal sito di Radio Vaticana