Un argine contro la depenalizzazione dell’incesto

topicUna diciottenne sta pianificando le sue nozze. Il promesso sposo, scrive il New York Times Magazine, è il padre biologico, quello che l’ha concepita quando era uno studente universitario: la storia con la madre della ragazza non è andata, e i due si sono lasciati prima che lei partorisse. La donna, riporta il blog la 27esimaora del Corriere.it (22 gennaio) aveva problemi psicologici e così la bambina è stata affidata ai nonni fino all’età di due anni e poi di nuovo alla madre.

Il papà ha visto sua figlia saltuariamente, fino al compimento dei cinque anni. Poi il blackout, pare voluto dalla madre.

Padre e figlia si sono ritrovati su Facebook un anno fa. Lui le ha chiesto l’amicizia, si sono visti e dopo pochi giorni hanno cominciato una relazione intima sessuale. Adesso lei pensa alle nozze, magari soltanto alla cerimonia, perché non sarebbe legale la registrazione davanti a un giudice (“e perché non è un pezzo di carta quello che conta per unire due persone”, ha detto la ragazza).

 

NIENTE MATRIMONIO
Cosa sarebbe accaduto se si fossero trovati in Italia? «Sul fronte civile la parentela rimane un impedimento al matrimonio derivante da consanguineità», sentenzia l’avvocato Giancarlo Cerrelli, vicepresidente dei Giuristi Cattolici. Sul piano penale invece, «l’ordinamento italiano punisce penalmente l’incesto che è previsto come delitto dall’art. 567 del codice penale e da questo è inserito nel capo II del titolo XI tra i “delitti contro la moralità familiare”».

PENE FINO A 8 ANNI
L’articolo 567 punisce, infatti, con la reclusione da uno a cinque anni chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente o un ascendente, o con un affine in linea retta, ovvero con una sorella o un fratello. La pena è della reclusione da due a otto anni nel caso di relazione incestuosa. La condanna pronunciata contro il genitore coimporta la perdita della responsabilità genitoriale [o della tutela legale].

DUBBI SULL’ILLECITO
«L’incriminazione relativa all’incesto risale al diritto romano – spiega Cerrelli – che prevedeva la pena di morte per chi commetteva atti incestuosi. Da più parti sono state da tempo sollevate perplessità circa l’opportunità di mantenere la previsione dell’illecito in esame; tali perplessità sono state motivate dall’intenzione di non dare adito a processi che diano luogo ad investigazioni nel seno della famiglia, che potrebbero recare maggiore danno alla morale pubblica, che non il fatto la cui esistenza verrebbe con esse provato».

LA DEPENALIZZAZIONE
Preludio di tali tendenze che mirano a depenalizzare il delitto d’incesto sembra essere, nel nostro ordinamento, la legge 219 del 10 dicembre 2012, che ha introdotto la riconoscibilità dei cosiddetti figli incestuosi, ovvero dei figli nati da genitori legati da vincoli di parentela (ascendenti, discendenti, affini in linea retta, fratello o sorella).

RICONOSCIMENTO DEI FIGLI
«Prima di questa legge – evidenzia il vicepresidente dei Giuristi cattolici – i figli nati da parentela (ad esempio padre e figlia) non potevano essere riconosciuti dai genitori (ad es. il padre non poteva riconoscere il figlio nato dal rapporto incestuoso). Con questa riforma, che è stata recepita, per questo caso, dall’art. 251 c.c., si dà la possibilità, invece, anche ai genitori incestuosi di riconoscere il figlio senza l’autorizzazione di questi, ma sarà il giudice ad autorizzare il riconoscimento, verificando l’interesse del figlio e la necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio».

MORALE E DIRITTO PENALE
In realtà, fa notare il legale, il problema dell’incesto rappresenta un classico snodo della più generale questione dei rapporti fra morale e diritto penale; come è noto, da tempo i penalisti discutono se il diritto penale debba intervenire a presidio della moralità in quanto tale. «In alcune recenti tendenze – afferenti al principio dell’offensività del reato, che mira a tutelare il bene giuridico costituzionalmente garantito – si propende, infatti, a favore di una depenalizzazione del reato d’incesto, perché morale e diritto non dovrebbero avere alcun rapporto. Il nostro ordinamento – sostiene il giurista – sembra andare sempre più verso la privatizzazione dei rapporti familiari dove ognuno fa sempre più ciò che vuole. Sembra non avere più senso parlare di delitto contro la moralità familiare, quando è in corso artatamente il tentativo di cambiare struttura all’istituto familiare».

PRIVATIZZAZIONE DELLA FAMIGLIA
La famiglia sta diventando – anche per l’azione della giurisprudenza delle corti di giustizia – «uno spazio non configurabile in modo oggettivo, che trova il suo elemento costitutivo nella spontaneità dei rapporti, sempre più fluidi, basati essenzialmente sull’affetto e sul desiderio». In tale prospettiva, in varie parti del mondo l’incesto è stato depenalizzato in parte o in tutto. In Francia, in Olanda, in Israele, in Giappone e in Belgio l’incesto non è punito come tale.

L’ARGINE IMPOSTO DALLA CORTE EUROPEA
Un freno a tale tendenza lo ha imposto la Corte Europea dei Diritti Umani con la sentenza Stubing c. Germania del 12-04-2012. Questa sentenza ha sancito che la previsione del reato di incesto non costituisce violazione della vita privata e familiare ex art. 8 Cedu, perché sussiste una repulsione ampiamente condivisa nei confronti dei rapporti sessuali tra consanguinei. Ha, infatti, affermato che sussiste un consenso ampio e condiviso nel rifiuto, tanto da parte degli ordinamenti quanto da parte della società nel suo complesso, di tali comportamenti anche se sono parte della vita privata individuale.

INCESTO E ADOZIONI
Per ciò che concerne la possibilità di considerare la filiazione adottiva quale rapporto fondante la destinatarietà del precetto penale d’incesto, la prevalente dottrina, su tale fattispecie si è espressa in senso contrario sul presupposto che l’art. 564 si rivolge alla sola parentela naturale. «Tale tendenza dottrinale – avverte Cerrelli – è alquanto preoccupante, nella linea sempre più chiara della privatizzazione dei rapporti familiari».

INCESTO E FECONDAZIONE ETEROLOGA
Per quanto riguarda la fecondazione artificiale, la sentenza della Corte Costituzionale 10 giugno 2014 n° 162, ha dichiarato incostituzionale il divieto di fecondazione artificiale, ciò potrà comportare eventuali rischi di un incesto a causa di una pluralità di donatori.  «La sentenza è negativa in sé, ma al riguardo né la dottrina, né la giurisprudenza si soffermano in merito alla vigenza del reato di incesto tra i genitori sociali e il figlio nato da eterologa con gameti altrui».

IL NODO SUL “RAPPORTO NATURALE”
Anche in questo caso ci si potrebbe trovare di fronte a un rischio reale, dato soprattutto dalle unioni omosessuali ed eterosessuali, che non dovessero adoperare alcun gamete proprio, rivolgendosi a donatori esterni. In tal caso, potrebbero essere emesse delle sentenze che non configureranno il reato di incesto per assenza di rapporto naturale alla base.  «Tutto ciò – chiosa il vicepresidente dei Giuristi cattolici – è una conseguenza di quello smontaggio che sta avvenendo ai danni dell’istituto familiare e dell’intera società».

 

Fonte: Aleteia