Adesso finirà in satira anche la frase sul pugno detta dal papa della tenerezza. C’è già chi – parafrasando Giovanni XXIII – scrive: “Quando tornate a casa, date uno sganassone a vostro figlio e ditegli: questo è lo sganassone del papa!…”. C’è però un problema. Anche a voler declassare a “battuta” quella dichiarazione (che però non era una battuta, ma un preciso segnale di “comprensione” all’Islam) il danno è fatto.
Dopo i massacri di Parigi si è ripetuto per giorni che nei paesi civili al dileggio offensivo contro le religioni si deve reagire con una querela, non con la violenza.
Si è sottolineato che dalle offese ci difende la legge e non ci si fa giustizia da soli passando alle mani o peggio ai fucili.
Poi arriva il papa – nientemeno che il Papa! – e, pur condannando i fucili, com’è scontato (grazie al cielo), sdogana e approva lo sganassone in risposta alla parolaccia.
Dobbiamo pensare che Francesco voglia imitare Bud Spencer ? O che il “dolce Cristo in terra” emuli Cassius Clay (anzi, Mohammed Alì)?
Ovviamente no.
Ma allora perché ha voluto dire quella frase, in quel modo calcolato e voluto?
Sembrerebbe inspiegabile.
Perché la legittimazione della violenza fisica per una “brutta parola” liquida la civiltà giuridica e soprattutto cestina il Vangelo.
La “battuta” bergogliana infatti appare perfino più arretrata della legge del taglione che stabiliva pur sempre una primitiva proporzione: occhio per occhio, dente per dente.
A sentire papa Bergoglio all’insulto o al dileggio si può rispondere con i pugni (e faccio sommessamente presente che a volte con un pugno, involontariamente, si può anche uccidere).
BLASFEMIA
Questa idea della risposta violenta all’ “offesa” alla religione è in linea solo con la mentalità islamica che arriva alla fustigazione e addirittura a punire la blasfemia con la pena di morte.
Per essere considerati blasfemi – da parte islamica – in certi paesi basta dire di credere in Cristo e non in Maometto.
Ed è tragico che papa Bergoglio pronunci parole simili proprio mentre ci sono paesi, grandi e importanti come il Pakistan, dove molti cristiani indifesi e innocenti – penso ad Asia Bibi – sono torturati e condannati a morte proprio per la famigerata legge sulla blasfemia, in quanto i tribunali ritengono blasfemo l’aver detto di aver fede in Gesù Cristo e non in Maometto stesso.
Del resto ad ascoltare tutte le cose dette da papa Bergoglio è evidente che, per lui, sono legittimati a dare sganassoni solo i musulmani che si sentono offesi da una vignetta. O gli appartenenti alle altre religioni.
Mentre se si è cristiani bisogna subire e zitti. Anzi, magari dovremmo unirci al dileggio della religione cattolica, almeno a vedere la decisione dei gesuiti francesi (gesuiti come Bergoglio) che, per solidarietà col giornale satirico francese, nella loro rivista, “Etudes”, hanno ripubblicato alcune vignette anticattoliche di “Charlie Hebdo” come quella in cui – leggo su Tempi – “appare Benedetto XVI in versione gay che esclama ‘finalmente libero’ dopo aver rinunciato al soglio papale”.
Ai cristiani perseguitati, che subiscono cose atroci, papa Bergoglio ha raccomandato mitezza, esortandoli a portare la croce.
POVERI CRISTIANI
Mi scrive una lettrice sconcertata dal papa: “ma come? Per una vignetta provocatoria vanno bene i pugni, mentre davanti all’uccisione di migliaia di cristiani propone il dialogo?”
Si riferisce alle incredibili dichiarazioni degli ultimi mesi di papa Bergoglio di fronte ai massacri di cristiani.
Si cominciò in agosto e per giorni Bergoglio tacque. Poi le sue sporadiche dichiarazioni evitarono accuratamente di nominare i carnefici e di condannare la loro ideologia islamista.
Bergoglio ha evitato sempre di chiedere quell’ “ingerenza umanitaria” che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ritennero doverosa per salvare la vita a popolazioni inermi minacciate da gruppi sanguinari.
Infine, quando si sentì “costretto” a dire che la vita di quella povera gente andava difesa aggiunse che non lo si doveva fare con la forza (e come si fermano gli sgozzatori e gli stupratori dell’Is?).
Interpellato un’altra volta sul terrorismo disse che era disposto a dialogare con quelle belve sanguinarie e poi se la prese duramente contro quello che chiamò il “terrorismo di stato”, riferendosi a quei paesi che si difendevano dal terrorismo con le armi, come Israele e Usa.
Secondo Bergoglio dovrebbe essere solo l’Onu a decidere l’uso della forza, cosa, ovviamente, assurda e inapplicabile.
Infatti Giovanni Paolo II e Benedetto XVI avevano affermato che uno stato ha il diritto e il dovere di difendere la propria popolazione dagli assassini.
Il Papa l’altroieri di fatto ha legittimato una modica quantità di violenza fisica a un’offesa verbale, mentre ai cristiani che vengono uccisi, torturati, che vedono le loro donne stuprate e vendute schiave e i figli rapiti non ha mai detto “armatevi perché avete diritto alla legittima difesa per salvare le vostre famiglie”.
SI PUO’ ESSERE ANCORA CATTOLICI?
A volte sembra che Bergoglio non abbia proprio simpatia per coloro che dovrebbe considerare le pecorelle affidategli dal Signore e per la Chiesa Cattolica di cui dovrebbe essere il rappresentante.
Basti dire che anche nella conferenza stampa dell’altroieri ha trovato il modo per denigrarne la storia, perfino con critiche infondate.
Per tutte le religioni ha parole di difesa e gesti di simpatia, mentre al cattolicesimo toccano quasi sempre e solo durezze e bastonate.
Del resto è lui che dichiarato a Eugenio Scalfari: “io credo in Dio. Non in un Dio cattolico, non esiste un Dio cattolico”. Declassando così i cattolici a dei “senza Dio”.
Ci si è chiesti allora di chi lui sia il Vicario. Speriamo che egli non interpreti il suo ruolo in riferimento a un Dio non cattolico, come una sorta di papa di tutte le religioni.
Eppure questo a volte sembra mostrare anche con i gesti.
Non si inginocchia davanti all’eucarestia come la liturgia impone, ma va a pregare (e adorare) nella Moschea blu di Istanbul rivolto alla Mecca (mentre i cristiani sono massacrati da musulmani).
Nei giorni scorsi nello Sri Lanka il papa non ha trovato il tempo per la benedizione della neonata Università Cattolica, ma l’ha trovato per un fuori programma: la visita al tempio buddista.
Vedendo che si recavano a un santuario cristiano anche buddisti, islamici e induisti, lui ha deciso di recarsi a un tempio buddista e ha elogiato “il senso della interreligiosità che si vive nello Sri Lanka”.
Cosa intenda per interreligiosità non è chiaro, forse solo “rispetto”, ma quello descritto è un minestrone di religioni diverse.
Cosa che per la verità la Chiesa ha sempre condannato come indifferentismo religioso o sincretismo.
L’ “interreligiosità” non fa parte del lessico cattolico. Il Concilio Vaticano II ha parlato di dialogo ecumenico, ma non certo di “interreligiosità”.
Anzi, nelle prime righe della Dignitatis Humanae si legge che la sola via della salvezza è Cristo e “questa unica vera religione crediamo che sussista nella Chiesa cattolica e apostolica, alla quale il Signore Gesù ha affidato la missione di comunicarla a tutti gli uomini”.
E’ “fondamentalista” anche il Concilio come l’altroieri Bergoglio ha definito coloro che rifiutano l’ “interreligiosità” che lui ritiene “una grazia”?
E’ il Concilio che parla di “unica vera religione”. Non mi pare che Bergoglio ripeta queste parole, anzi lancia segnali che – forse anche contro la sua volontà – possono creare enormi equivoci.
Un sacerdote che segue persone che tornano al cattolicesimo dal buddismo mi riferisce che una signora gli ha scritto: “In queste difficoltà sento il capo della chiesa che dice che tutte le religioni sono uguali ed io mi chiedo, ma allora tutti questi sforzi per tornare indietro a che servono? Se mi salvo anche con Buddha perché dovrei scegliere Cristo?”.
Antonio Socci
Da “Libero”, 17 gennaio 2015
Fonte: Lo Straniero