Le scarpe rosse, segno della dignità papale, non ci sono più. Al loro posto un paio di sandali di cuoio con i calzini, che potrebbero essere quelli di un monaco qualunque, o magari di un turista tedesco a spasso per Roma. L’abito è invece rimasto quello bianco papale, simbolo di uno status che rimane anche dopo la rinuncia al pontificato. Ma lui, confida Ratzinger ad un giornalista tedesco, avrebbe preferito farsi chiamare semplicemente «padre Benedetto»; solo che allora era «troppo debole e stanco» per riuscire ad imporsi.
Ora, racconta Joerg Bremer, uno dei corrispondenti da Roma della Frankfurter Allgemeine nel colloquio pubblicato oggi sull’edizione domenicale del giornale, Ratzinger sembra aver ritrovato le sue forze. A 87 anni si muove senza bastone nella sua casa, la Mater Ecclesiae in Vaticano, i suoi occhi brillano e le sue risposte sono pronte e precise.
E, con grande attenzione avverte il giornalista su cosa può scrivere e cosa no. Come del suo desiderio, dopo la rinuncia, di essere chiamato semplicemente «Vater Benedikt»; «questo lo scriviamo?», domanda Bremer. «Faccia pure – risponde «padre Benedetto» – magari può essere d’aiuto».
Ma perché un papa emerito, che vive ritirato e si fa vedere in pubblico solo quando il papa in servizio lo invita (l’ultima volta per la beatificazione di Paolo VI), decide di parlare con un giornalista rompendo, con tutte le cautele del caso, la regola del silenzio che si è imposto da quando ha scelto di vivere come un monaco? Il motivo forse sta nell’uscita di un nuovo volume, il quarto, della raccolta dei suoi scritti.
Il fatto è che nel 1972, il professore di teologia Joseph Ratzinger, in uno scritto «Sulla questione dell’indissolubilità del matrimonio» si era espresso in termini possibilisti sulla riammissione all’eucarestia dei divorziati risposati; in alcuni casi particolari, aveva scritto Ratzinger,la riammissione poteva essere «coperta dalla tradizione».
Per la ripubblicazione, Ratzinger ha preferito riformulare le conclusioni e ribadire quel che ha affermato da cardinale e poi da papa, ossia l’intangibilità della dottrina sull’indissolubilità del matrimonio, con quanto ne consegue in tema di ammissione alla comunione.
Si può dire allora che il papa emerito è voluto entrare, e magari mettersi un po’ di traverso, nel dibattito voluto da Francesco in occasione del Sinodo dedicato a questi temi? Questa è una «totale assurdità», risponde Benedetto, che sottolinea di avere «ottimi contatti» con Francesco. La revisione del testo è stata decisa in agosto, alcuni mesi prima del sinodo, e non contiene «niente di nuovo».
Al riguardo, Ratzinger ricorda l’insegnamento di Giovanni Paolo II, « ed io stesso, da prefetto della congregazione per la dottrina della fede, ho scritto cose assai più radicali».
Sempre con papa Wojtyla, del quale fu stretto collaboratore, Ratzinger ricorda, come riporta Bremer, che i divorziati risposati non devono peraltro essere esclusi dalla vita della Chiesa; ad esempio, secondo Benedetto, devono poter fare da padrini e madrine nel battesimo (attualmente molte diocesi richiedono la sottoscrizione di moduli, controfirmati dal parroco, in cui si dichiara, fra l’altro, «di non aver contratto matrimonio solo civile, né di convivere, né di aver procurato il divorzio»).
Nella mezz’ora di colloquio c’è ancora tempo per un pensiero in vista del Natale, in particolare per la Terra santa, che al papa emerito, biografo di Gesù, tocca particolarmente la memoria.
Perché Gesù non è stato solo spirito, la sua è una presenza databile e «questa dimensione terrena è importante per la fede degli uomini». Poi, al momento dei saluti, Benedetto mostra medaglie e ricordi del pontificato; «può tenerli, se vuole. Ma purché non si alimenti così il culto della personalità», scherza, con umorismo tedesco e prima di tornare al suo silenzio, il papa emerito che voleva essere chiamato soltanto «padre Benedetto».
Fonte: Vatican Insider