È cominciato il 20 settembre scorso il processo di canonizzazione del beato Jerzy Popieluszko, il giovane sacerdote polacco ucciso a 37 anni dai servizi segreti del regime comunista perché con la sua predicazione e il sostegno del movimento dissidente alimentava la speranza di migliaia di polacchi. «Mi insegnò che Dio era un padre e che la fede poteva renderti libero di fronte a un regime violento».
Così lo ricorda Joanna Kwiatkowska, traduttrice dei testi del sacerdote martire utilizzati per il processo di beatificazione. «Lo incontrai a 18 anni, mi misi a servire la Chiesa con lui e da allora non ho più smesso».
Come incrociò Popieluszko?
Nel 1984 facevo l’ultimo anno di liceo e insieme a un movimento di ragazzi nelle scuole di Varsavia cominciammo a difendere la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche. Queste azione suscitò una forte reazione da parte delle autorità, che passò alle maniere forti. Fu allora che chiedemmo a padre Popieluszko di trovare un posto in chiesa per appendere le croci buttate fuori dalle scuole della città.
E lui chiese a noi un aiuto e una collaborazione per riunire un popolo capace di sostenere gli uomini in quegli anni durissimi. Non tutti risposero, io dissi di sì e mi offrii di scegliere le poesie da recitare durante le Messe per la patria.
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