I tedeschi non hanno rispettato nemmeno gli ospedali o le postazioni di soccorso, gremiti di feriti. Padre Marian Chwilczinski, che apparteneva al personale dell’ospedale Wolski in via Płocka 26, avvertì che la gente portava in ospedale feriti da vie molto lontane, dove in generale c’erano postazioni di primo soccorso. Presuppose, allora, che i tedeschi le avrebbero liquidate, assassinando il personale medico e i feriti.
Passando il 3 agosto per via Górczewska, il sacerdote vide cadaveri di donne con bambini in braccio che giacevano in pozze di sangue fresco. In qualsiasi momento c’era da aspettarsi l’irruzione dei tedeschi nell’ospedale. All’ingresso principale erano di turno il dottor Mariusz Piasecki, direttore dell’ospedale, e il dottor Janusz Zeyland, professore della sezione di tubercolosi giovanile, originario di Poznań e che quindi parlava perfettamente il tedesco.
Naturalmente venne considerato il più adatto a rappresentare le autorità dell’ospedale nei rapporti con gli occupanti.
Verso le 14.00 di quel 5 agosto, gli uomini delle SS entrarono nell’ospedale con distaccamenti di forze collaboratrici dell’est, ordinando l’evacuazione immediata di tutta la struttura.
Tutti, sia i feriti che i malati e il personale medico, dovevano uscire immediatamente dall’edificio, che sarebbe stato dato alle fiamme. Tutti coloro che fossero stati trovati nelle sale sarebbero stati fucilati.
Gli uomini delle SS irruppero negli uffici e nelle sale e iniziò la razzia. Ai feriti e ai malati vennero tolti dalle dita gli anelli e le fedi, e vennero rubati gli orologi. Padre Kazimierz Ciecierski, cappellano dell’ospedale, condusse fuori dalla sala un soldato della Wehrmacht che il 1° agosto era giunto da Varsavia ferito e si era presentato in ospedale, trovandovi l’aiuto di cui aveva bisogno.
Qualche minuto dopo, uno degli ufficiali, insieme ad alcuni uomini delle SS, si introdusse nell’ufficio del direttore, il dottor Piasecki, che si trovava accanto al dottor Zeyland e al cappellano. I tedeschi ordinarono loro di fermarsi dietro la scrivania e poi li uccisero con un colpo alla nuca.
I feriti gravi lasciarono con grande difficoltà i propri letti, e trascinandosi a quattro zampe fuggirono in cortile. In una delle sale c’erano sei insorti gravemente feriti di un distaccamento del distretto di Wola, tra i quali alcuni membri del plotone Idea. Erano i cadetti Jerzy Górecki, Tadeusz Alexsandrowicz e Kordecki (il suo vero nome era Czeslaw Bialek), un chierico gesuita, della compagnia del sottotenente Prus.
Nonostante gridassero, nessuno venne in loro aiuto per portarli fuori dalla stanza. In qualunque momento sarebbero passati di lì gli uomini delle SS e li avrebbero assassinati con raffiche di mitraglietta.
Il cadetto Kordecki, cercando di scaricare l’enorme tensione, disse: “Ora ci resta solo l’aiuto di Dio, solo Lui può salvarci. Ho qui un rosario…”. I feriti iniziarono a recitare un’Ave Maria dietro l’altra.
Terminata la prima decina, nella sala arrivarono tre uomini delle SS con le mitragliette pronte a sparare. Dalla porta lanciarono furiosamente una domanda in tedesco: “Dove siete stati feriti?”. “Incidente di lavoro in fabbrica”, rispose uno dei feriti in un tedesco zoppicante. Alexandrowicz scoprì una bruttissima ferita che aveva sul volto.
Uno degli uomini delle SS si rivolse ai suoi compagni. “Probabilmente è sifilide… Pazienti con malattie veneree…”. Abbandonarono rapidamente la sala. Gli insorti feriti ripresero a recitare il Santo Rosario. Terminarono la seconda decina. Pregavano con il massimo fervore.
Entrarono due uomini delle SS. La furia si dipinse sui loro volti. “Ora è la fine!”, pensarono gli insorti. Dal corridoio si sentì un ufficiale che ordinava di scendere immediatamente. Le SS uscirono correndo. Kordecki riprese la recita del Rosario e tutti i feriti si unirono a lui a voce alta.
Ancora una volta comparvero i soldati delle SS, si guardarono intorno, dissero qualcosa e se ne andarono di nuovo rapidamente. Gli insorti si resero conto che la loro preghiera era stata ascoltata. Attraverso le finestre si sentivano costantemente gli spari e le grida delle SS.
Da un racconto del sacerdote gesuita Czeslaw Bialek (Kordecki)
Fonte: Aleteia