Piano piano, i Copti d’Egitto si rialzano ma restano nelle catacombe

coptic-christiansEGITTO – Dopo tre anni di crisi dovute alle agitazioni politiche nate in piazza Tahrir al Cairo, la comunità copta rialza la testa. Dopo una difficile coabitazione coi Fratelli Musulmani, l’arrivo al potere del generale Al-Sissi accende la speranza. Sembra anche che molti si siano convertiti al cristianesimo, però i numeri esatti non si conoscono.

Tra gli iracheni costretti ad abbandonare Mossul sotto la pressione mortale dei jihadisti del Califfato islamico, non è impossibile che ci sia qualcuno della Chiesa Copta, ancora in piedi nonostante anni così oscuri. Forse sperano, nel fondo dei loro cuori, di potere ricostruire le loro chiese e tornare un giorno in una delle prime terre cristiane del mondo.

Frattanto, i Copti d’Egitto vivono giorni migliori. Attaccati, saccheggiati, individuati talvolta come capri espiatori, tentano di riunire le loro forze dopo la fase al potere di Muhammed Morsi e dei Fratelli musulmani, destituiti da un colpo di stato condotto dal generale Al-Sissi. Il 29 maggio 2014, quest’ultimo è stato eletto presidente d’Egitto col 96% dei voti.

Questa elezione è stata subito salutata dai responsabili delle Chiese, quale ad esempio  mons. Adel Zaky, vicario apostolico di Alessandria, che sottolinea come “Sissi sia l’uomo giusto al momento giusto. La sua vittoria offre, a noi cristiani,  sicurezza e prospettive per l’avvenire. Siamo avviati verso tempi migliori”.

Questo ottimismo è condiviso da papa Tawadros II, a capo della Chiesa copta ortodossa che conta tra gli otto e i dieci milioni di fedeli, e rappresenta circa il 10% della popolazione egiziana. Preoccupato di proteggere la propria Chiesa, egli si è subito avvicinato all’attuale presidente in occasione del colpo di stato del luglio 2013. Da allora, i cristiani sono più sereni. Devono ricostruire le loro chiese, le sale di riunione, talvolta le loro case. Ora possono recarsi alle loro chiese senza la paura di essere aggrediti.

 

La persecuzione conduce alla conversione

Associazioni vicine ai Cristiani d’Oriente e i Copti stessi, testimoniano di un aumento delle conversioni al Cristianesimo. Determinarne il numero è impossibile in quanto coloro che si convertono rischiano procedimenti giudiziari o addirittura la morte se la loro conversione diventa pubblica.

Si forma così una Chiesa “delle catacombe”, non tanto per il confronto col governo, come può accadere in Cina o in altri paesi asiatici, ma per proteggersi dalle vendette della comunità di origine dei nuovi cristiani. “Non è il potere politico che ci opprime – spiega un neofita Egiziano – ma direttamente i vicini. Se un musulmano si converte rischia che la sua famiglia e i suoi vicini lo colpiscano, fino a volerlo uccidere, in quanto lo considerano un traditore”.

Lo stesso queste difficoltà non coprono la bellezza dei fatti: nelle persecuzioni, cioè nel momento in cui una conversione sembrerebbe più improbabile, più pericolosa, il messaggio di Cristo si fa strada. È proprio questo che pensano i cristiani: essi sono colpiti e più ancora incoraggiati a far conoscere la loro Chiesa che cade, ma per  rialzarsi ogni volta.

Pierre Loup de Raucourt

 

Fonte: Patriarcato latino di Gerusalemme