Sono stati da poco pubblicati due studi significativi, entrambi dedicati al papa Pio IX: “Pio IX e la rivoluzione italiana”, di Roberto de Mattei (Cantagalli) e “Il Papa scomodo. Storia & retroscena della beatificazione di Pio IX”, di Fabrizio Cannone (Ares). Servono a ridarci, a tutto tondo, l’immagine di un pontificato chiave per la storia dell’Italia e della chiesa universale.
Un pontificato spesso frainteso, o addirittura calunniato: chi non ricorda la superficialità e l’arroganza con cui questa figura viene ancora oggi liquidata sui libri di testo della scuola dell’obbligo come si trattasse di un ottuso retrogrado, di un dinosauro sopravvissuto al passare dei secoli? Al solo scopo di seppellire preventivamente un pensiero e un magistero così incisivi e intelligenti. Pio IX fu, invece, un Papa “buono”, come lo definì il Belli, e lungimirante. Come racconta Roberto de Mattei, la sua opera fu gigantesca, sia dal punto di vista politico (risanò le finanze lasciate in stato fallimentare dal governo repubblicano del 1849 e diede vita a varie riforme amministrative), sia, soprattutto, dal punto di vista religioso e missionario.
Quanto alla questione italiana, pur vezzeggiato dai carbonari e dai rivoluzionari, era stato corteggiato persino da Giuseppe Mazzini che l’8 settembre 1847, in un’epistola personale, lo aveva invitato a guidare la nuova Italia se avesse abbracciato i principi della rivoluzione. Ma Pio IX si mantenne solidamente fedele alla sua missione di pastore universale: da una parte appoggiando il patriottismo italiano, ma ripudiando una guerra ingiusta contro l’Austria e il nascente spirito nazionalista; dall’altra scorgendo molto chiaramente dove l’idea di progresso e la deificazione dell’uomo, slegato da Dio, privato della sua origine e del suo fine soprannaturale, avrebbero portato l’umanità.
Di qui la ferma condanna, nel Sillabo e nella Quanta cura, del panteismo, dell’indifferentismo religioso, del socialismo, del comunismo, del relativismo nichilista, del nazionalismo e del liberalismo in ambito religioso. Difficile non ammettere, oggi, quanto quell’uomo – contro cui il devastatore del meridione, Giuseppe Garibaldi, si scagliò definendo quello papale “il più schifoso dei governi”, “il governo di Satana”– avesse visto lontano: gli orrori della rivoluzione bolscevica, i lager e i gulag (cioè la distruzione dell’uomo in nome della Materia e della razza), e le guerre mondiali, anch’esse figlie dell’ideologia progressista e della deificazione della nazione…
Il lungo processo di canonizzazione Eppure, Papa Pio IX rimane ancora un segno di contraddizione anche all’interno del mondo cattolico, inviso a coloro che vorrebbero sradicare la chiesa di oggi dalla sua tradizione e che vorrebbero negarle l’alto compito di essere, quando necessario, voce scomoda e controcorrente, capace di misericordia verso gli erranti, ma anche di determinazione e di forza nel condannare gli errori. Per questo Pio IX è uno dei Papi più contestati e più amati allo stesso tempo. Lo dimostra molto bene il suo lungo e travagliato processo di canonizzazione (aperto nel 1907 da san Pio X) che Fabrizio Cannone, collaboratore del mensile Radici Cristiane e dell’agenzia on line Corrispondenza romana, racconta per la prima volta con completezza e dovizia di particolari, attraverso l’esplorazione di documenti inediti e con una ricostruzione scientifica, passo passo, di tutto l’iter.
Lo studio dunque è veramente interessante sia dal punto di vista giuridico canonicoteologico che storiografico: infatti è dimostrato in modo inappuntabile che la fama di santità di Pio IX fu grande durante il suo lunghissimo pontificato presso il popolo dei fedeli, con un’acme al momento della morte. Ma, cosa raramente messa in luce, già nel periodo precedente all’elezione il chierico Mastai Ferretti si segnalava per ottimi costumi, pietà insigne, carità verso i poveri e gli infelici (condiresse infatti una celebre istituzione
della Roma dell’800: il Tata Giovanni, dove aveva celebrato la sua prima messa nel 1819, per bambini poveri, orfani e disgraziati, con esiti splendidi).
Fabrizio Cannone, attraverso il dibattito sulla beatificazione di Pio IX, all’interno del quale viene illustrato, per la prima volta in modo approfondito, anche il miracolo da lui compiuto con la guarigione di una suora carmelitana figlia e nipote di zuavi pontifici, ci riporta al centro di un altro dibattito, molto attuale: hanno ragione il padre Yves Congar, che definiva Pio IX “uomo meschino e rovinoso”, gli ambienti di Concilium e dell’Officina Bolognese, a voler archiviare nel passato da dimenticare il magistero di Pio IX, o è giusto, alla luce della storia, della dottrina della chiesa e della stessa beatificazione, ridare al defunto Pontefice e al suo pensiero un ruolo anche nella chiesa di oggi?
Francesco Agnoli
Fonte: Corrispondenza Romana
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