Papa Francesco ha ricevuto (l’8 luglio) il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzando il dicastero a promulgare i Decreti sul riconoscimento delle virtù eroiche di sette Servi di Dio, tra cui il missionario laico Marcello Candia.
Tra i nuovi Venerabili Servi di Dio c’è dunque Marcello Candia, figlio di una ricca famiglia milanese.
Nato a Portici nel 1916 dove il padre aveva una fabbrica di acido carbonico, si laurea in chimica, farmacia e biologia.
Lo educa alla fede la madre, che accompagna ad assistere i poveri nelle periferie di Milano. Durante la seconda guerra mondiale aderisce alla Resistenza, aiuta gli ebrei a sfuggire ai nazi-fascisti.
Nel dopoguerra, insieme con i Cappuccini si dedica agli sfollati e organizza un villaggio per ragazze madri. Nel 1965 decide di vendere la fabbrica per partire in Brasile, nella foresta amazzonica, come missionario laico. In tanti lo disapprovano, ma lui dice: “Non basta dare un aiuto economico.
Bisogna condividere con i poveri la loro vita, almeno per quanto è possibile. Sarebbe troppo comodo che me ne stessi qui a fare la vita agiata e tranquilla, per poi dire: il superfluo lo mando là. Io sono chiamato a vivere con loro!”.
Crea un ospedale a Macapà, seguito da tante altre opere: lebbrosari, centri sanitari, scuole, associazioni di volontariato, conventi, seminari e chiese. Giovanni Paolo II lo incontra nel lebbrosario di Marituba nel 1980.
Marcello cura e abbraccia con affetto i suoi lebbrosi: “Quando ami – dice – non ti accorgi più delle deformità, tanto ti appare bella l’anima, l’amicizia e l’affetto di questi malati che sono diventati parte della mia vita”.
Come accade quando si fa il bene, Marcello Candia è costantemente accompagnato da avversità di ogni tipo, invidie, maldicenze, calunnie.
Ha dato tutto quello che possiede, eppure viene persino accusato da uno dei suoi collaboratori di rubare in uno dei centri da lui fondato.
Ma non si scompone più di tanto. Dopo una serie di infarti, scopre di avere un cancro alla pelle. Muore a Milano nel 1983 a 76 anni. “Non sono io che ho dato qualcosa – diceva – ma sono i poveri che danno a me. Io non sono nulla. Sono solo un modesto strumento della Provvidenza”.
Il riconoscimento delle virtù eroiche riguarda altri sei servi di Dio: il portoghese Antonio Ferreira Viçoso (1787-1875), della Congregazione della Missione, diventato vescovo di Mariana in Brasile, che spese la sua vita per la formazione dei sacerdoti in un periodo in cui le autorità civili cercavano di aggredire l’autonomia della Chiesa.
Il sacerdote spagnolo Saturnino López Novoa (1830-1905), confondatore della Congregazione delle Suore Povere de los Ancianos Desamparados.
Il sacerdote salesiano francese Giuseppe Augusto Arribat (1879-1963).
Suor Maria Veronica della Passione, monaca professa dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi e fondatrice dell’Istituto delle Suore dell’Apostolic Carmel, nata a Costantinopoli, in Turchia, nel 1823 e morta a Pau, in Francia, nel 1906, cresciuta in una famiglia anglicana e convertitasi al cattolicesimo, attratta in particolare dall’Eucaristia e dal Sacramento della Riconciliazione.
Elena da Persico, fondatrice dell’Istituto Secolare delle Figlie della Regina degli Apostoli, nata ad Affi, in Italia, nel 1869 e morta nel 1948.
E infine la Serva di Dio Gaetana del Santissimo Sacramento, prima Superiora Generale della Congregazione delle Povere Figlie di San Gaetano; nata a Pancalieri (Italia) nel 1870 e morta nel 1935.
Testo proveniente dal sito di Radio Vaticana