Il palcoscenico del “Festival della canzone italiana”, da vetrina promozionale dell’omosessualità, rischia di divenire teatro di un’esibizione blasfema e offensiva nei confronti di Gesù Cristo per opera di un cantante dichiaratamente omosessuale. Anche quest’anno, infatti, la storica kermesse musicale, condotta sempre dal duo Fazio-Letizzetto e giunta alla sua 64esima edizione, sarà strumentalizzata in chiave ideologica.
Ma se la scorsa edizione ci si era limitati ad un semplice spot anti omofobia con il siparietto muto di una coppia gay che raccontava, attraverso cartelli, la propria storia d’amore annunciando la loro partenza “forzata” alla volta di New York per coronare il loro sogno di unirsi in matrimonio, quest’anno si è andati ben oltre, invitando come ospite internazionale, per la serata del 19 febbraio, il cantante canadese, fino ad oggi ignoto al grande pubblico, Rufus Wainwright.
Quest’ultimo, definito da Elton John come “il più grande songwriter sul pianeta“, è conosciuto, soprattutto, per l’esecuzione di testi osceni e dissacratori come il celebre “Gay Messiah”, che annuncia la venuta di un messia omosessuale“che risusciterà da un film porno degli anni ‘70”, il “Battista”, che mescola battesimo e sperma e altre testi contenenti allusioni erotiche di natura blasfema.
Le immagini di lui travestito da Cristo in croce sul palco sono sufficientemente eloquenti e dicono più di tante parole. Wainwright, apertamente gay, ha sposato nel 2012 a New York il compagno Jorn Weisbrodt dopo che la coppia nel febbraio 2011 aveva annunciato la nascita della loro figlia Viva Katherine grazie all’utero in affitto di Lorca Cohen, figlia del noto cantautore canadese Leonard Cohen.
La diffusione della notizia sulla presenza blasfema del musicista canadese ha suscitato l’immediata protesta e indignazione di tanti cattolici ma anche di numerosi laici che, con saggezza e onestà intellettuale, riconoscono nelle performances di Wainwright un’offesa gratuita e inaccettabile ai sentimenti religiosi di tanti telespettatori italiani costretti a sorbirsi tale provocatorio e offensivo spettacolo sulla più importante emittente televisiva nazionale .
L’associazione “Giuristi per la Vita” ha ufficialmente diffidato gli organizzatori del Festival sottolineando come i testi dello pseudo artista canadese contengano «palesemente il reato di offese ad una confessione religiosa mediante il vilipendio di persone, previsto e punito dall’art.403 del Codice Penale».
Ricordando, inoltre, come sia lo stesso “Regolamento del Festival” a prevedere, ai sensi dell’art. 25, primo comma che «gli artisti durante le loro esibizioni non potranno assumere atteggiamenti e movenze o usare abbigliamenti e acconciature in contrasto con i principi del buon costume ovvero in violazione di norme di legge o di diritti anche di terzi».
A tale proposito, invitano la Direzione Artistica, il Comitato di Controllo e la Commissione Musicale «a vigilare e controllare il puntuale rispetto della citata norma regolamentare, anche in considerazione della sensibilità religiosa di milioni di telespettatori e della natura di servizio pubblico che riveste la rete emittente».
Ci auguriamo che il presidente della “Rai” Tarantola ed il direttore generale Gubitosi intervengono al più presto per sospendere tale blasfema esibizione pagata con i soldi pubblici dei cittadini italiani e invitiamo Rufus Wainwright ha incentrare le sue prossime provocatorie esibizioni “artistiche” sulla religione islamica. (L.G.)
articolo pubblicato su Corrispondenza Romana