Ieri, la commissione vaticana presieduta da Mons. Camillo Ruini, ha concluso l’indagine sugli eventi di Medjugorje. Istituita nel 2010 da Papa Benedetto XVI, la commissione internazionale ha portato a termine il suo lavoro, raccogliendo tutte le informazioni a riguardo, dopo aver anche interpellato tutti i veggenti.
Attualmente la documentazione prodotta è al vaglio della Congregazione della Dottrina della Fede, dopo di che sarà Papa Francesco (non necessariamente in tempi brevi) ad emettere una sorta di “temporaneo verdetto”: non definitivo, visto il protrarsi degli eventi; decisivo però, perché determinerà un punto di svolta, offrendo delle linee guida ben precise.
Come ogni contadino sa bene, una pianta, perché sia rigogliosa, va potata eliminando i rami secchi. Certo, se la pianta dovesse risultare particolarmente compromessa, si potrebbe decidere di eliminarla completamente, possibilità però che escluderei in questo caso.
Se è innegabile, quindi, che l’albero Medjugorje ha prodotto in 33 anni molti buoni frutti è altrettanto evidente, e sotto gli occhi di tutti, la presenza di qualche frutto meno buono, inevitabilmente da recidere.
A mio parere dovremmo attenderci delle prese di posizione atte a “regolamentare” l’atteggiamento nei confronti del “fenomeno” Medjugorje, sia sul piano spirituale che pratico.
Un chiaro indizio è la recente lettera rivolta al Nunzio Apostolico americano con la quale, di fatto, sono stati vietati gli incontri pubblici in cui «si dia per certa la credibilità delle apparizioni». Ecco che la Chiesa avrà intenzione di salvaguardare e valorizzare i frutti buoni, cercando di contenere ed emarginare gli aspetti negativi di disturbo.
Sceglierà, sempre a mio parere, di non sprecare ciò che indubbiamente rappresenta e rappresenterà in futuro Medjugorje : la possibilità per molti di convertirsi, un’occasione per sentirsi più vicini al Cielo, una tappa importante nel cammino di fede di ognuno di noi.
Qui però i miei timori: già ora è netta la divisione tra i pro e i contro Medjugorje e non vorrei che le cose peggiorassero. Se la Chiesa adotterà la via della “potatura” risulterà ovvia la volontà di mantenere vivo l’albero stesso, avvalorando così implicitamente ciò che succede a Medjugorje.
Ci sarà inevitabilmente chi gioirà per questo e chi, invece, ne rimarrà deluso.
San Francesco d’Assisi considera il caso in cui «il suddito vede cose migliori e più utili alla sua anima di quelle che gli ordina il prelato (il superiore)» ed invita ad attuare una “obbedienza caritativa”, in cui il frate sacrifica volontariamente le sue vedute ed esegue il comando richiesto perché in questo modo «soddisfa a Dio e al prossimo ».
Vede una “obbedienza perfetta” là dove, pur non potendo obbedire perché gli viene comandato «qualcosa contro la sua anima», il religioso non rompe l’unità con il superiore e la comunità, pronto anche a sopportare persecuzioni a causa di ciò.
«Infatti – osserva San Francesco – chi sostiene la persecuzione piuttosto che volersi separare dai suoi fratelli rimane veramente nella perfetta obbedienza, poiché offre la sua anima per i suoi fratelli».
Se questo caso è rivolto ad un consacrato, in cui viene così ricordato che l’amore e la comunione rappresentano valori supremi, ai quali sottostanno anche l’esercizio dell’autorità e dell’obbedienza, non siamo forse noi tutti chiamati alla santità? Possiamo esimerci dall’anelare ad una perfetta obbedienza, pur da semplici cristiani?
Il mio auspicio è che ci possano essere numerosi spunti di riflessione convergenti, sia sul tema Medjugorje sia sulla Chiesa in generale, a cui noi tutti apparteniamo e la cui ricchezza è l’unione stessa di tutti i cristiani.
Fonte: Guarda con me