La Repubblica italiana è uno Stato democratico, la Chiesa no. Per volere di Cristo Santa Romana Chiesa non è un’istituzione democratica: i membri della sua gerarchia, al di là delle modalità di elezione, sono scelti – cioè chiamati – direttamente da Dio, non dai fedeli.
Non solo: i principi e le norme di diritto divino attinenti a fede e morale varate dalla gerarchia ecclesiastica non possono perciò essere considerate leggi e principi emanati da rappresentanti del popolo dei fedeli, né possono essere sottoposte a vaglio referendario.
Dunque quando qualche sedicente cattolico si alza in piedi e chiede – se non impone – che la Chiesa cambi rotta su questioni fondamentali riguardanti fede e morale commette un errore da matita blu.
La matita blu si è consumata assai a leggere le dichiarazioni di alcuni politici, autodefinitisi “cattolici”, in merito alla recente proposta di legge sulle unioni civili a firma del renziano Andrea Marcucci e di Linda Lanzillotta, appartenente a Scelta Civica.
Il contenuto della proposta di legge prevede il riconoscimento giuridico delle unioni civili, anche omosessuali: i conviventi sotto il profilo economico e in parte civilistico avranno tutti i diritti delle coppie sposate.
E’ prevista anche la possibilità della stepchild adoption, cioè la facoltà di adottare il figlio del compagno/a se manca l’altro genitore: “in caso di unione civile la parte contraente è considerata genitore del figlio dell’altra parte fin dal momento del concepimento in costanza di unione civile anche quando il concepimento avviene mediante il ricorso a tecniche di riproduzione medicalmente assistita”.
Matteo Renzi ha commentato così: “Io sono il più prudente di tutti nel Pd, ma siccome ho vinto le primarie anche sulle unioni civili, è un tema di cui si può discutere… Ma basta con il giochino che mette laici contro cattolici e famiglia contro unioni civili. Iniziamo a fare qualcosa di concreto per la famiglia.
Assisto con sdegno alla continua distruzione di tutto quello che serve a difendere la famiglia” e quindi con logica ferrea apre alle unioni civili anche omosessuali, che lui chiama civil partenership, e al relativo istituto dell’adozione gay, tutte cose che notoriamente fanno bene alla famiglia.
Renzi, solo a luglio scorso, in un’intervista a Famiglia Cristiana aveva difeso con orgoglio la sua appartenenza alla Chiesa cattolica: “La mia fede arricchisce tutto quello che faccio. Io credo nella Risurrezione, e dunque la prospettiva della mia vita è profondamente diversa. Da cattolico impegnato in politica non mi vergogno della mia appartenenza religiosa”.
E poi con limpida coerenza non poteva che esprimere il proprio consenso alla fecondazione artificiale: “Quando una coppia che non può avere figli ha la possibilità di ricorrere alla fecondazione assistita, è giusto che lo faccia ma non deve trasformarsi in un diritto a tutti i costi”; e all’eutanasia: “Sono stato molto colpito dalla vicenda Terri Schiavo in America.
Se dovesse capitare a me vorrei che fossero i miei cari a decidere. In ogni caso, penso che su questi temi bisogna fare lo sforzo di ascoltarsi reciprocamente e non vivere verità assertive”.
Torniamo alla proposta di Marcucci e Lanzillotta sulle unioni civili e alle reazioni di altri politici che non di rado presentano ai media un’autocertificazione di cattolicità.
Rosy Bindi non chiude al riconoscimento delle coppie di fatto: “Sono pronta ad una valutazione con mentalità aperta, del resto ho iniziato io questo processo di riconoscimento delle unioni civili. Quanto all’adozione all’interno della coppia bisogna vedere come è fatta”.
Angelino Alfano avverte: “Siamo pronti a intervenire sul codice civile, purché non si smonti la famiglia, che è composta da un uomo e una donna che procreano […] Siccome abbiamo grande rispetto per l’affettività siamo pronti per delle garanzie patrimoniali”.
Stessa musica per Luigi Bobba, ex presidente ACLI: “Bisogna distinguere convivenze etero e gay. E poi basta il riconoscimento privatistico dei diritti senza troppe bandiere”.
Ricordiamo a quei politici che vivono il loro cattolicesimo, in quanto ad idee e valori, in modo disinvolto e che sono a favore del riconoscimento delle unioni civili anche solo per gli eterosessuali, oppure a favore del riconoscimento di singoli diritti dei conviventi, che queste posizioni non solo sono condannate dalla Chiesa (v. Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, n. 81; Pio XI, Casti Connubii, Introduzione: “la legittima autorità ha diritto e dovere di frenare, impedire e punire questi turpi connubii, contrari a ragione e a natura” testo che non è andato in prescrizione), ma – a parte qualche eccezione – non sono neppure accettate dal nostro ordinamento giuridico.
Infatti, almeno sulla carta, il nostro ordinamento privilegia l’istituto del matrimonio perché unica relazione che arricchisce la società e di conseguenza fa di tutto o dovrebbe fare di tutto per scoraggiare forme di convivenza che impoveriscono il bene comune perché intessute di mero affetto senza doveri giuridici.
Da qui il rifiuto, nella maggioranza dei casi, di assegnare anche diritti ai singoli conviventi, che non siano ovviamente quelli fondamentali pertinenti alla persona umana in quanto tale, perché sarebbe un incentivo alla convivenza non matrimoniale.
Il meglio sul tema delle unioni civili lo dà però Sandro Bondi intervistato dalla Stampa: “Dobbiamo liberarci anche noi cattolici di un certo bigottismo che, specialmente sulla bioetica e i diritti civili, rischia di immiserire il valore della fede e di avvolgere in un’atmosfera di arretratezza la società italiana. […] Sui questi temi dobbiamo dire basta all’estremismo dottrinario e culturale di alcune posizioni religiose o ateo-devote che finiscono per diventare disumane”.
Le verità dogmatiche di Papa Bondi sono a tutto campo e non riguardano solo i temi sociali e politici: “La Chiesa stessa fa fatica a comprendere la modernità e a entrare in una viva comprensione della vita degli uomini proprio perché alcuni istituti, come quello del celibato dei sacerdoti, impediscono di essere calati profondamente nella realtà della vita”.
Non solo Papa, ma anche profeta: “Quanto al ruolo delle donne, sono certo che non ora ma nel futuro la Chiesa cattolica comprenderà che ricchezza sarà integrare le donne nel sacerdozio e nell’episcopato”.
In merito al divieto per i divorziati risposati di accostarsi alla comunione il divorziato Bondi infine non ha dubbi: “E’ una regola che appare di giorno in giorno più assurda e assolutamente contraria a ogni principio di umanità cristiana”.
L’on. Bondi tratta la Chiesa o come un partito politico il quale, vivendo di consensi della base, deve intercettare i suoi umori e accondiscendere ad essi. Oppure come un’azienda in cui all’entrata c’è una cassetta dei suggerimenti.
Anzi, egli pare andare oltre il puro consiglio disinteressato, visto il tono assertivo che usa e che per paradosso critica quando è invece adoperato dal Magistero.
Bondi propone il meglio proprio in merito a quei temi su cui Nostro Signore e poi la Chiesa, già da tempo immemore, proposero l’ottimo alle coscienze dei credenti.
L’approccio di Bondi è rivelatore di una mutazione genetica del “cattolico” liberal-progressista: una volta per smarcarsi dalla Chiesa ci si appellava alla coscienza. Ora dal foro interno si è passati a quello pubblico, non solo perché si propalano idee non ortodosse sui media, ma anche perché si vorrebbe che tali idee diventassero leggi dello Stato.
Il padre nobile di tutte queste uscite scanzonate è Aldo Moro che il 5 novembre del 1946, in seno all’assemblea costituente, così si espresse sulle unioni di fatto: “Pur essendo molto caro ai democristiani il concetto del vincolo sacramentale nella famiglia, questo non impedisce di raffigurare anche una famiglia, comunque costituita, come una società che, presentando determinati caratteri di stabilità e di funzionalità umana, possa inserirsi nella vita sociale.
Mettendo da parte il vincolo sacramentale, si può raffigurare la famiglia nella sua struttura come una società complessa non soltanto di interessi e di affetti, ma soprattutto dotata di una propria consistenza che trascende i vincoli che possono solo temporaneamente tenere unite due persone”. Tradotto: non esiste solo la famiglia fondata sul matrimonio, ma anche altre famiglie di fatto.
A margine ricordiamo due cosette. Primo: i cattolici hanno il dovere di obbedire alle indicazioni vincolanti della Chiesa sui temi di morale e fede (“tutti sono tenuti a evitare qualsiasi dottrina ad esse contraria”, Codice di Diritto Canonico, Can. 750): il cattolico è colui che crede nelle cose a cui la Chiesa propone di credere e tenta con tutto se stesso di metterle in pratica.
Seconda cosetta: come recita sempre il Codice di Diritto Canonico, “vien detta eresia, l’ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa” (Can. 751). E parlando di dubbi ce ne viene uno anche a noi: i politici di cui sopra sono dunque cattolici o eretici?
articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana