Dario Fo cerca pubblicità e denuncia: «Io censurato dalla Chiesa». Ma il Vaticano lo impallina

Dario Fo debutterà il 7 novembre a Genova con lo spettacolo In fuga dal  Senato, tratto dal libro di Chiarelettere in cui la sua compagna Franca  Rame racconta la sua vita tra gli eletti di Palazzo Madama tra il 2006 e il  2008. Manca dunque una settimana. Bisogna rinforzare le iniziative promozionali. 

Niente di più efficace di una bella denuncia di censura, tanto meglio se da  parte della perfida Chiesa cattolica.
 

TIRATO IN BALLO IL PAPA. In effetti è proprio una censura  quella che il comico premio Nobel sostiene di aver subito. Lo spettacolo in  questione doveva andare in scena il prossimo 18 gennaio all’Auditorium della  Conciliazione di Roma, e invece, accusa Fo, che sarebbe stato avvertito via  lettera dal direttore della società che organizza l’evento, «abbiamo saputo che  la Santa Sede, proprietaria di quel locale dove abbiamo recitato altre volte a  partire da Mistero Buffo, ci vieta di procedere con la rappresentazione  del testo. Hanno dichiarato “niente palcoscenico per Dario Fo e Franca Rame”».

Ovviamente l’attore non perde l’occasione per fare un poco di morale al  Vaticano: «Per la Santa Sede questo stop equivale a un autogol, con decisioni  come queste non fanno che confondere i credenti», ha scritto in una lettera  aperta.

Senza dimenticare un accenno a papa Francesco, «simbolo del rinnovamento  della Chiesa», che uscirebbe danneggiato da «un’istituzione che vuole tornare a  tutti i costi al buio del Medioevo». Tanto più che nel testo della pièce Franca  Rame scrive «le stesse cose che sostiene il Pontefice». Niente meno.

 

«NON  NE SAPPIAMO NULLA». Ora, bisogna sapere che, spiega sempre il  Corriere, «l’autorizzazione per gli spettacoli» presso la struttura «è  materia dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica», e che «il  suo presidente, il cardinale Domenico Calcagno, è all’oscuro di tutto: “Di  questo episodio non so niente, nessuno mi ha chiesto nulla”».

Tra l’altro – si  legge ancora sul Corriere della Sera – «la gestione  dell’Auditorium è affidata con un contratto a una società privata che verifica  con le istituzioni vaticane la congruità degli spettacoli da mettere in scena».

Che sia partita da qui la presunta censura, magari scaturita da un eccesso di  zelo? Chissà, forse con una telefonatina di verifica Fo avrebbe potuto chiarire  l’arcano a se stesso e a tutti noi. Ma evidentemente non ne ha avuto il tempo:  manca solo una settimana alla prima e tocca pensare a piazzare il prodotto.

 

«LIBERE SCELTE». Per altro Valerio Toniolo, amministratore  delegato dell’Auditorium della Conciliazione, ha risposto che non è vero niente:  «Come fa Dario Fo a dire che il suo spettacolo è stato censurato? Lui stesso  dice che in passato è stato ospite dell’Auditorium».

In realtà, spiega Toniolo,  «lo spettacolo non è stato annullato perché non era mai stata data una  conferma»: del resto, se il premio Nobel lo consente, si tratta di «libere  scelte» visto che «stavamo decidendo quali attività svolgere» e «le nostre  scelte di programmazione erano altre».

 

«MEGLIO NON FARE LO SHOW». In ogni caso, oggi è arrivata  anche la replica del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico  Lombardi, il quale, interpellato dai giornalisti, ha dichiarato innanzitutto che  nessuna autorità della Santa Sede era al corrente di richieste, «né alla  Presidenza dell’APSA, proprietaria dell’Auditorium, né in Segreteria di Stato,  né ai Consigli della Cultura o delle Comunicazioni Sociali».

Non solo. La “voce”  del Vaticano ha anche aggiunto: «Dopo queste uscite mediatiche, che cercano di  mettere in mezzo il Vaticano e il Papa in modo non corretto e forse addirittura  strumentale, penso proprio che sia meglio che lo spettacolo non si faccia  all’Auditorium». Amen.

articolo pubblicato su Tempi.it