Martedì 22 ottobre, al termine di un dibattito molto animato, il Parlamento europeo ha votato per il rinvio della risoluzione 2013/2040 (INI), basata sul documento A7-0306/2013 sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi, presentata dall’eurodeputata portoghese Edite Estrela alla “Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere”.
Corsi obbligatori di educazione sessuale a scuola per promuovere la cultura LGBTI (acronimo di Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Intersexual, ndr), lotta contro gli stereotipi di genere, fecondazione assistita per single e lesbiche, contraccezione, riduzione e limitazione degli obiettori di coscienza al fine di garantire più facilmente l’accesso all’aborto. Questo in sintesi il programma dal quale, in caso di approvazione, tutti gli Stati membri avrebbero dovuto trarre le linee guida per le politiche sociali e culturali da adottare all’interno dei loro paesi.
È interessante, dunque, analizzare, più da vicino, tale documento in quanto rappresenta un chiaro ed esemplare compendio delle rivendicazioni politico-sociali del movimento LGBTI e di quelli che sono stati definiti i nuovi “diritti umani”.
La risoluzione, articolata in diversi punti, premette che i «diritti sessuali e riproduttivi sono diritti umani» e, dunque, devono essere garantiti a tutti senza alcuna distinzione «indipendentemente dall’età, dal sesso, dalla razza, dall’etnicità, dalla classe sociale, (…) dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere».
Viene quindi negata la «differenza di genere» affermando che «le percezioni stereotipate della femminilità e della mascolinità in generale, (…), rappresentano un grave ostacolo al raggiungimento della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti» e rivendicato il diritto universale all’aborto rilevando come «le gravidanze non programmate e non desiderate sono ancora una realtà problematica per molte donne nell’UE, incluse le adolescenti» e sottolineando come «vi sono esempi di Stati membri che, a una legislazione liberale in materia di aborto, associano un’efficace educazione sessuale, servizi di pianificazione familiare di alta qualità e la disponibilità di diversi contraccettivi, coniugando tassi di aborto inferiori e tassi di nascita superiori».
La risoluzione 2013/2040 (INI) si apre, dunque, premettendo che l’UE può arrivare al massimo livello raggiungibile di salute solo se i diritti sessuali e riproduttivi di tutti sono pienamente riconosciuti e promossi e in quest’ottica, «riconosce che la salute e i diritti sessuali e riproduttivi costituiscono un elemento fondamentale della dignità umana di cui occorre tener conto nel contesto più ampio della discriminazione strutturale e delle disuguaglianze di genere». Uguaglianza di genere e lotta agli stereotipi sessuali.
Il documento presentato dalla parlamentare europea Estrela, in diversi punti, promuove esplicitamente la teoria di genere che nega la sessualità biologica, riducendo il sesso ad un dato meramente socio-culturale che ogni individuo è libero di potersi assegnare, dopo aver maturato, in maniera consapevole, la propria identità.
In tale prospettiva viene ricordato «agli Stati membri il loro obbligo di garantire che i minori e i giovani possano avvalersi del loro diritto di richiedere, ricevere e impartire informazioni relative alla sessualità, anche per quanto riguarda l’orientamento sessuale, l’identità di genere e l’espressione di genere, in una maniera adeguata all’età e sensibile rispetto al genere».
Sempre in tale ottica, viene evidenziato come l’uguaglianza di genere debba essere raggiunta attraverso «la lotta contro gli stereotipi, i pregiudizi, tutte le forme di violenza di genere» facendo luce sulla discriminazione basata sul genere e sull’orientamento sessuale.
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