Discorso di Papa Francesco alla plenaria del Pontificio Consiglio per la famiglia

Signori Cardinali, cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, cari fratelli e sorelle,
vi dò il benvenuto in occasione della XXI Assemblea Plenaria e ringrazio il Presidente Mons. Vincenzo Paglia per le parole con cui ha introdotto  il nostro incontro. Grazie.

1. Il primo punto su cui vorrei soffermarmi è questo: la famiglia è una  comunità  di vita che ha una sua consistenza autonoma. Come ha scritto il  Beato Giovanni Paolo II nell’Esortazione apostolica Familiaris consortio, la famiglia non è la somma delle persone che la costituiscono, ma una  «comunità di persone» (cfr nn. 17-18). E una comunità è di più che la somma  delle persone. E’ il luogo dove si impara ad amare, il centro naturale della  vita umana.

E’ fatta di volti, di persone che amano, dialogano, si sacrificano  per gli altri e difendono la vita, soprattutto quella più fragile, più debole.  Si potrebbe dire, senza esagerare, che la famiglia è il motore del mondo e della  storia. Ciascuno di noi costruisce la propria personalità in famiglia, crescendo  con la mamma e il papà, i fratelli e le sorelle, respirando il calore della  casa.

La famiglia è il luogo dove riceviamo il nome, è il luogo degli affetti,  lo spazio dell’intimità, dove si apprende l’arte del dialogo e della  comunicazione interpersonale. Nella famiglia la persona prende coscienza della  propria dignità e, specialmente se l’educazione è cristiana, riconosce la  dignità di ogni singola persona, in modo particolare di quella malata, debole,  emarginata.

Tutto questo è la comunità-famiglia, che chiede di essere riconosciuta come  tale, tanto più oggi, quando prevale la tutela dei diritti individuali. E  dobbiamo difendere il diritto di questa comunità: la famiglia. Per questo  avete fatto bene a porre una particolare attenzione alla Carta dei Diritti  della Famiglia, presentata proprio trent’anni or sono, il 22 ottobre  dell’83.

 

2. Veniamo al secondo punto – si dice che i Gesuiti parliamo sempre in  tre: tre punti: uno, due, tre. Secondo punto: la famiglia si fonda sul matrimonio. Attraverso un atto d’amore libero e fedele, gli sposi cristiani testimoniano che  il matrimonio, in quanto sacramento, è la base su cui si fonda la famiglia e  rende più solida l’unione dei coniugi e il loro reciproco donarsi.

Il matrimonio  è come se fosse un primo sacramento dell’umano, ove la persona scopre se stessa,  si auto-comprende in relazione agli altri e in relazione all’amore che è capace  di ricevere e di dare.

L’amore sponsale e familiare rivela anche chiaramente la  vocazione della persona ad amare in modo unico e per sempre, e che le prove, i  sacrifici e le crisi della coppia come della stessa famiglia rappresentano dei  passaggi per crescere nel bene, nella verità e nella bellezza.

Nel matrimonio ci  si dona completamente senza calcoli né riserve, condividendo tutto, doni e  rinunce, confidando nella Provvidenza di Dio. È questa l’esperienza che i  giovani possono imparare dai genitori e dai nonni.

È un’esperienza di fede in  Dio e di fiducia reciproca, di libertà profonda, di santità, perché la santità  suppone il donarsi con fedeltà e sacrificio ogni giorno della vita!

Ma ci  sono problemi nel matrimonio. Sempre diversi punti di vista, gelosie, si litiga.  Ma bisogna dire ai giovani sposi che mai finiscano la giornata senza fare la  pace fra loro. Il Sacramento del matrimonio viene rinnovato in questo atto di  pace dopo una discussione, un malinteso, una gelosia nascosta, anche un peccato.

Fare la pace che dà unità alla famiglia; e questo dirlo ai giovani, alle giovani  coppie, che non è facile andare per questa strada, ma è tanto bella questa  strada, tanto bella. Bisogna dirlo!

 

3. Vorrei ora fare almeno un cenno a due fasi della vita familiare: l’infanzia e la vecchiaia. Bambini e anziani rappresentano i due poli della  vita e anche i più vulnerabili, spesso i più dimenticati.

Quando io confesso  un uomo o una donna sposati, giovani, e nella confessione viene qualcosa in  riferimento al figlio o alla figlia, io domando: ma quanti figli ha lei? E mi  dicono, forse aspettano un’altra domanda dopo di questa.

Ma io sempre faccio  questa seconda domanda: E mi dica, signore o signora, lei gioca con i suoi  figli? – Come Padre? – Lei perde il tempo con i suoi figli? Lei gioca con i suoi  figli? – Ma no, lei sa, quando io esco da casa alla mattina – mi dice l’uomo –  ancora dormono e quando torno sono a letto.

Anche la gratuità, quella gratuità  del papà e della mamma con i figli, è tanto importante: “perdere tempo” con i  figli, giocare con i figli. Una società che abbandona i bambini e che  emargina gli anziani recide le sue radici e oscura il suo futuro.

E voi fate  la valutazione su che cosa fa questa nostra cultura oggi, no? Con questo.  Ogni volta che un bambino è abbandonato e un anziano emarginato, si compie non  solo un atto di ingiustizia, ma si sancisce anche il fallimento di quella  società.

Prendersi cura dei piccoli e degli anziani è una scelta di civiltà.  Ed è  anche il futuro, perché i piccoli, i bambini, i giovani porteranno avanti  quella società con la loro forza, la loro giovinezza, e gli anziani la  porteranno avanti con la loro saggezza, la loro memoria, che devono dare a tutti  noi.

E questo mi fa rallegrare, che il Pontificio Consiglio per la Famiglia abbia ideato questa nuova icona della famiglia, che riprende la scena della Presentazione di  Gesù al tempio, con Maria e Giuseppe che portano il Bambino, per adempiere la  Legge, e i due anziani Simeone ed Anna che, mossi dallo Spirito, lo accolgono  come il Salvatore.

E’ significativo il titolo dell’icona: “Di generazione in  generazione si estende la sua misericordia”. La Chiesa che si prende cura  dei bambini e degli anziani diventa la madre delle generazioni dei credenti e,  nello stesso tempo, serve la società umana perché uno spirito di amore, di  familiarità e di solidarietà aiuti tutti a riscoprire la paternità e la  maternità di Dio.

E a me piace, quando leggo questo brano del Vangelo,  pensare che i giovani, Giuseppe e Maria, anche il Bambino, fanno tutto quello  che la Legge dice. Quattro volte lo dice san Luca: per compiere la Legge. Sono  obbedienti alla Legge, i giovani! E i due anziani, fanno rumore! Simeone inventa  in quel momento una liturgia propria e loda, le lodi a Dio. E la vecchietta va e  chiacchiera, predica con le chiacchiere: “Guardatelo!”. Come sono liberi! E tre  volte degli anziani si dice che sono condotti dallo Spirito Santo. I giovani  dalla Legge, questi dallo Spirito Santo. Guardare agli anziani che hanno questo  spirito dentro, ascoltarli!

La “buona notizia” della famiglia è una parte molto importante  dell’evangelizzazione, che i cristiani possono comunicare a tutti, con la  testimonianza della vita; e già lo fanno, questo è evidente nelle società  secolarizzate: le famiglie veramente cristiane si riconoscono dalla fedeltà,  dalla pazienza, dall’apertura alla vita, dal rispetto degli anziani… Il segreto  di tutto questo è la presenza di Gesù nella famiglia.

Proponiamo dunque a tutti,  con rispetto e coraggio, la bellezza del matrimonio e della famiglia illuminati  dal Vangelo! E per questo ci avviciniamo con attenzione e affetto alle famiglie  in difficoltà, a quelle che sono costrette a lasciare la loro terra, che sono  spezzate, che non hanno casa o lavoro, o per tanti motivi sono sofferenti; ai  coniugi in crisi e a quelli ormai separati. A tutti vogliamo  stare vicino con l’annuncio di questo Vangelo della famiglia, di questa  bellezza della famiglia.

Cari amici, i lavori della vostra Plenaria possono essere un prezioso contributo  in vista del prossimo Sinodo Straordinario dei Vescovi, che sarà dedicato alla  famiglia. Anche per questo vi ringrazio. Vi affido alla Santa Famiglia di  Nazareth e di cuore vi dò la mia Benedizione.

 

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