Da decenni Radio Radicale riceve soldi pubblici. E la cosa continua nonostante la crisi economica e la richiesta alla politica di diminuire le spese. Qualche considerazione su questa anomalia dello Stato italiano che nessun governo ha il coraggio di affrontare. di Danilo Quinto
Tempo fa, chiesi ad un autorevole politico perché governi di centrodestra e di centrosinistra, negli ultimi decenni, avessero dispensato decine e decine di milioni di euro a favore della radio di Marco Pannella. La sua risposta mi raggelò. «Pannella non conta più niente. Lo facciamo, per farlo divertire», disse. «Ma tu sei cattolico, sai che il suo strumento d’informazione fa propaganda viscerale quotidiana contro il Magistero della Chiesa». «La politica è un’altra cosa, rispetto alle appartenenze religiose. Evidentemente, ci sono ragioni che portano tutti a considerare l’opportunità che Pannella continui ad avere una sua voce».
Non chiesi a quel politico quali fossero queste ragioni. Era già sufficiente la sua risposta.
«La politica è un’altra cosa rispetto…», mi aveva detto. Questa frase spiega tante cose. La politica, come viene intesa dai più – anche da coloro che organizzano seminari e convegni alla presenza del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, come nel caso in questione – non ha più nulla a che fare con il piano dell’etica. Questo spiega il successo – perché di questo si tratta – della vicenda dei radicali italiani, che si sono insinuati nella società italiana mutandola profondamente, trovando sponde impensabili e insospettabili all’interno dei Palazzi del potere.
I radicali, in fondo, sono stati proprio questo da quarant’anni a questa parte: i protagonisti di quel relativismo etico che si propone non soltanto come regolatore dei rapporti tra gli individui, ma come fondatore di una cultura in antitesi assoluta con i principi del diritto naturale, che governa, per laici e cattolici, le azioni degli esseri umani.
Per l’individuo può essere conveniente, dal punto di vista materiale, sciogliere il vincolo matrimoniale o interrompere una gravidanza o considerare non utile socialmente chi soffre e quindi affidarlo alla pratica eutanasica. È questo che i radicali hanno proposto e praticato nelle loro battaglie: un puro ragionamento di convenienza, governato solo dall’auto-determinazione.
È un metodo d’azione politica – attenzione – che non risponde affatto al caso. Anche in battaglie diverse da quelle sul divorzio o l’aborto o l’eutanasia, hanno ragionato nella stessa maniera.
Che cosa è più conveniente per la società, curare il tossicodipendente e impedire, proponendo un diverso approccio culturale, che intere generazioni si distruggano o distribuire legalmente la droga? Il matrimonio, se non serve, va distrutto, non importa se così facendo si dissolve l’istituto familiare, sostituito da improbabili unioni tra persone dello stesso sesso, che pretendono di allevare anche figli. Se il feto reca fastidio, il delitto si trasforma in un diritto, come profeticamente scrisse Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium Vitae. Se il malato non autosufficiente diventa un problema per chi gli sta intorno, non importa: si proceda pure alla sua eliminazione.
Comprendiamo perché quel politico dice che si tratta solo di far divertire Pannella. Non ha il coraggio di difendere ed affermare il suo essere cattolico. Non agisce per la libertà e per la verità e per l’amore verso una Persona.
Anche quel politico agisce per convenienza o per calcolo. In fondo, non c’è grande differenza con i radicali. Pannella li ricatta con i suoi digiuni, che di volta in volta cambiano obiettivi, sempre per creare “nicchie” consistenti di consenso. Loro s’inchinano. Lo fanno divertire, se ne compiacciono, anche, lo alimentano di denaro dello Stato per propagandare idee che dicono, a parole, di avversare.
Il problema vero non sono Pannella o il suo alter ego, Emma Bonino, che fanno il loro mestiere e verso i quali si deve nutrire la speranza che si convertano. Il problema sono tutti coloro che hanno assecondato, nel corso di questi lunghi anni, con le loro opere concrete, la deriva culturale dell’intera società italiana.
Eppure, anche coloro che lo assecondano, conoscono il “programma” di Pannella: «Nei giorni del Conclave andavo in piazza San Pietro con un cartello che invocava Giovanni XXIV o Francesco I. Ci hanno dato Ratzinger e ho sperato che il carisma lo trasformasse. Non è accaduto. Il Papa è espressione massima di un blocco di potere mai così forte. Ma è, al contrario, pressoché nulla la forza spirituale, etica, morale dell’attuale potere Vaticano e delle gerarchie ecclesiastiche anche presso il popolo dei fedeli, dei credenti, dei religiosi, delle altre comunità cristiane.
Si rovescia ovunque uno tsunami di immenso potere, immagini faraonico-holliwoodiane, con scenografie che richiamano in modo preoccupante le immense manifestazioni popolari di tutti i regimi autoritari e totalitari. Dietro tutto questo si punta a conquistare e usare con violenza il “braccio mondano” degli Stati, quelli democratici e di diritto, considerati come i veri, attuali nemici da piegare e sottomettere» (Marco Pannella al Corriere della Sera, 26 giugno 2005).
Non è da meno Emma Bonino, che sul giornale on line Il Post, l’8 settembre 2011, ha scritto: «Quando il Vaticano e le sue diverse ramificazioni costruiscono profitti con il loro immenso patrimonio immobiliare, con il turismo, con le cliniche e le università, non v’è ragione che non paghino le stesse tasse di tutti. Questo significa essere “nemici” della Chiesa? Di anticristiano c’è solo l’uso del denaro a fini del potere. Quel potere che rende meno libera la stessa comunità religiosa rispetto alla sua reale vocazione. Se questo significa essere nemici della Chiesa, allora lo era anche San Francesco. Non a caso nessun Papa ha mai scelto di chiamarsi con il suo nome».
I radicali sanno che i veri, i soli principi da abbattere – gli unici rimasti nel tempo che viviamo – sono quelli cattolici, che sono a fondamento reale dell’identità di un popolo, di un continente. La Costituzione italiana, quando riconosce e garantisce i diritti inviolabili della persona, primo fra tutti l’inviolabilità della vita umana, lo fa perché considera che quei diritti costituiscono un prius rispetto a tutte le leggi.
Soppiantare o mistificare i principi della legge naturale significa non riconoscere le regole che sono a fondamento delle relazioni e dei comportamenti umani e attaccare la Chiesa Cattolica, sulla base di questa prospettiva, equivale a demolire le architravi che sostengono le costruzioni. Come si vuol fare – e i radicali da decenni lo fanno, iniziarono dando spazio e voce, nei loro congressi, al Club di Roma, negli anni ’70 – diffondendo panico sulla questione demografica ed invocando un rientro chiamato dolce: far decrescere l’umanità, entro un secolo – dicono – di qualche miliardo di individui.
Con i metodi eutanasici ed eugenetici, già sperimentati nello Stato dell’Indiana negli anni Trenta, nella Germania nazista o nella Svezia socialdemocratica fino agli anni ’70? O perseguendo gli obiettivi che sono stati propri, per almeno trent’anni, di organismi internazionali legati al sistema delle Nazioni Unite, che praticano i programmi sulla salute riproduttiva, stravolgendo la stessa categoria dei diritti umani – l’Ippf (International Planned Parenthood Federation), il Population Council, fondato dal finanziere John Rockfeller III e dal presidente della “Società Eugenetica Americana”, Frederick Osborn – e che hanno come scopo il calo delle nascite nei Paesi in via di sviluppo, non a caso mai contestato dai radicali?
E questo è avvenuto anche quando questi organismi promuovevano, in molti Paesi del mondo, campagne di massa di sterilizzazione delle donne povere e di aborti. È questo l’“umanesimo anticlericale” dei radicali, quello che molti cattolici o presunti tali – compreso il parlamentare dell’inizio, che è in buona e florida compagnia – alimentano e sostengono.
Fonte: IL TIMONE – n. 109 – Anno XIV – Gennaio 2012 – pag. 14 – 15