Lutero non ebbe pietà per la Santa Messa. La straziò. Non ebbe pietà per il Papato. Lo inabissò. Fu proprio smantellando il rito liturgico che l’eresiarca di Eisleben, sferrò l’atroce guerra alla Chiesa, un dramma dal quale fu possibile risollevarsi grazie al Concilio di Trento e a san Pio V, che estese il rito liturgico romano a tutta la Chiesa latina, sempre mantenendo la facoltà di utilizzare altri riti preesistenti, purché almeno di duecento anni anteriori alla riforma stessa, al fine di garantirli da infiltrazioni protestanti.
Nel mese di agosto è uscita in libreria la seconda ristampa dell’esplicativo e avvincente libro di Gianfranco Amato, L’indulto di Agatha Christie. Come si è salvata la Messa Tridentina in Inghilterra (Fede & Cultura, pp. 220, € 18.00), con la prefazione di Monsignor Luigi Negri. L’analisi operata dall’autore spiega, passo dopo passo, come sia stato possibile, nonostante la riforma liturgica del 1969, mantenere il Vetus Ordo, mai abrogato, in Inghilterra.
Qui la Messa di san Pio V non si estinse grazie all’indulto del 30 ottobre 1971, concesso da Paolo VI in seguito a un appello a lui rivolto, pubblicato sul “Times” del 6 luglio 1971 (dal titolo: Appeal to preserve Mass sent to Vatican) e sottoscritto da 57 esponenti del mondo culturale inglese, fra i quali la celebre scrittrice Agatha Christie (al cui nome è rimasto legato sia l’appello che l’indulto).
Tra i firmatari della petizione non c’erano soltanto noti personaggi cattolici della portata di un Graham Green, ma figure distanti dal Cristianesimo o anglicani, come colei che aveva dato vita al detective Poirot, oppure come i vescovi Robert Cecil Mortimer e John Richard Humpidge Moorman, il quale aveva guidato la delegazione degli osservatori anglicani al Concilio.
Splendido il parallelismo che gli intellettuali inglesi inserirono in quel formidabile appello: «Ora il fatto è che le basiliche e cattedrali furono costruite in quel modo per celebrare un rito che, fino a pochi mesi fa, costituiva una tradizione vivente. Ci riferiamo alla Messa cattolica romana (…).
A prescindere dall’esperienza religiosa o spirituale di milioni di persone, questo rito, nel suo magnifico testo latino, ha ispirato una moltitudine di inestimabili capolavori nelle arti – non solo opere religiose ma anche poetiche, filosofiche, musicali, architettoniche, pittoriche e scultoree – in tutti i paesi e in tutte le epoche. Pertanto, si può ben dire che esso appartiene alla cultura universale non meno di quanto appartengono alla Chiesa e ai fedeli» (p. 20).
Scriveva da parte sua Lutero: «Quando trionferemo sulla Messa, io penso che trionferemo sull’intero papato. Infatti, sulla Messa come su una roccia è costruito l’intero papato con i suoi monasteri, i suoi vescovati, i suoi collegi, i suoi altari, i suoi ministri, le sue dottrine, e poggia su di essa con tutto il suo ventre. E tutte queste cose devono crollare con la sacrilega e abominevole Messa».
In Inghilterra il Cattolicesimo venne smantellato proprio a cominciare dalla Santa Messa, come perfettamente comprese il beato John Henry Newman. Più domande sorgono leggendo queste suggestive e documentate pagine, più attuali che mai, vista anche la tristissima vicenda dei Francescani dell’Immacolata: perché in Inghilterra Papa Montini concesse l’indulto? Forse fu il modo di richiesta che rese clemente il Papa? Forse la stima che nutriva per alcuni firmatari? Forse l’abilità diplomatica del Cardinale Heenan, che dimostrò lealtà e fedeltà al Papa nei momenti difficili? Forse perché molti appellanti appartenevano a quel «mondo moderno», con cui voleva ostinatamente dialogare? Oppure in nome di quei 40 martiri, uccisi in Inghilterra e Galles per il loro attaccamento alla Santa Messa tridentina e che Paolo VI canonizzò il 25 ottobre 1970?
Cristina Siccardi
articolo pubblicato su Corrispondenza Romana