Di fronte alle preoccupanti notizie economiche quali il continuo rialzo del prezzo della benzina, l’aumento delle imposte immobiliari e di quelle indirette, la disoccupazione crescente, l’incapacità o non volontà di difendere l’apparato produttivo nazionale, compreso quello agricolo, verrebbe da dire che abbiamo toccato proprio il fondo.
Ma non è ancora così. Come da tempo sta cercando di divulgare l’economista Lidia Undiemi, autrice di un dossier e di un appello a tutte le forze politiche, la questione è talmente grave da porre a rischio l’esistenza dei sistemi democratici dei Paesi la cui moneta è l’euro.
Di che si tratta dunque? A fine 2010 il Consiglio europeo, presenti i capi di Stato o di governo, per aiutare i Paesi in difficoltà finanziaria, ha convenuto sulla necessità di istituire, in luogo degli attuali due fondi e in modo permanente, il Meccanismo Europeo di Stabilità – MES (ESM in inglese).
Poi, in data 25 marzo 2011, ha deciso di variare l’art. 136 del Trattato sul funzionamento dell’U.E. da parte degli Stati membri (TFUE), che istituiva il suddetto meccanismo di stabilità finanziaria per la zona euro, introducendo un nuovo Ente internazionale che sarà dotato di immunità davanti alla legge, di esenzione fiscale, di capacità coercitiva sugli Stati nonché inviolabilità dei suoi immobili, beni e documenti.
Il 2 febbraio 2012 gli ambasciatori dei paesi della zona euro hanno quindi firmato a Bruxelles il nuovo Trattato.
Questo nuovo organismo sarà quindi privilegiato da capacità giuridica autonoma rispetto ai soggetti istituzionali nazionali, democraticamente e costituzionalmente legittimati ad incidere su temi importanti.
Il suddetto Meccanismo Europeo di Stabilità, rassicurante solo di nome, non è il semplice Regolamento di un fondo, in quanto istituirà un proprio Ente intergovernativo, assecondando la, non nuova, tendenza a privatizzare le funzioni pubbliche. Si pensi alla BCE che già gode di completa autonomia in materia di politica monetaria.
Ecco quindi alcuni dati tra i più significativi. Il MES sarebbe dotato di un capitale di 700 mld, di cui 125 mld (forse sono quelli delle ultime due manovre?) a carico dell’Italia, assoggettando i 17 Stati aderenti ad un impegno incondizionato ed irrevocabile.
La capacità iniziale di aiuto del MES sarebbe di 500 mld, rivedibile al massimo ogni 5 anni. E’ previsto il diritto di voto di ogni Stato in misura proporzionale alla quota stabilita e versata ma, nel caso detta quota non venga pagata o non sia rimborsato il capitale preso in prestito, l’esercizio del voto sarebbe sospeso.
Questo significa che ogni Stato membro, fra cui l’Italia, non sarebbe più sovrano ma, a seconda del caso, diventerebbe socio o debitore.
Giusto per intenderci, Germania, Francia ed Italia pesano ora per il 64% dei voti/quote di capitale. Inoltre, quanto non versato da uno Stato è a carico di tutti gli altri.
Le decisioni a maggioranza semplice o qualificata (2/3) dovrebbero competere ad un Consiglio di governatori, nominati da ogni Stato, e ad un Consiglio di amministrazione, i membri dei quali per lo più sarebbero revocabili in ogni momento, ma non è stato esplicitato quale ne sia il criterio.
Tali decisioni sarebbero prese in assoluta autonomia, visto che le istituzioni europee – Commissione europea, in primis – comparirebbero solo come osservatori.
Gli aiuti verrebbero concessi a condizioni discrezionali non solo per quanto riguarda il tasso, la durata, le non meglio definite clausole di azione collettiva, ma anche per le obbligate scelte di politica economica e non, alle quali gli Stati richiedenti, per ottenerli, dovrebbero sottostare.
Ma c’è dell’altro. Il MES e i suoi membri godranno davanti alla legge di immunità che nemmeno il Parlamento europeo potrà togliere.
Lo stesso dicasi per l’esenzione fiscale. Inoltre, esso beneficerebbe di totale inviolabilità, quindi di assoluta segretezza, sugli immobili, i beni acquistati, importati o venduti e per quanto riguarda tutta la documentazione inerente l o svolgimento delle suddette attività.
Tutto questo forse ha a che fare con le privatizzazioni in corso?
A conclusione di questa sintesi, va rilevato che non sembra sia prevista alcuna possibilità di recesso e che l’entrata in vigore del MES sia stata anticipata di un anno rispetto alle previsioni, cioè a luglio 2012.
Ora, siamo sicuri che un tale piano sia utile agli Stati membri? Chi sono i veri beneficiari, ai quali verrebbero garantiti stabilità, inviolabilità, privilegi tali che non sono riscontrabili in alcuna parte del Trattato della Unione europea?
Dove starebbe il vantaggio nel pagare – noi cittadini – quote così pesanti, solo in parte fruibili, sottoponendoci a dei pesi, anche nei confronti di finanziatori terzi – la Cina sarebbe già interessata -, privi di ogni giustificazione giuridica, finanziaria ed economica?
In senso più lato, con un debito pubblico superiore al PIL, in che modo il nostro bilancio potrebbe migliorare visto che si ricorrerebbe solo a maggiori debiti e/o più tasse, come nel caso dell’Italia? Non si tratta forse di un meccanismo perverso caratterizzato da una delega in bianco?
Aggiungiamo, inoltre, che l’attuale situazione molto critica delle banche spagnole renderebbe inevitabile ed urgente, a detta della Cancelliera Merkel e del ministro delle finanze tedesco Schaueble, l’approvazione del Fiscal Compact e, per quel che ci riguarda, dell’ESM. Ancora una volta attraverso un’emergenza ci si vuole portare in un cul-de-sac ovvero ad una scelta (apparentemente) obbligata.
Non ci resta quindi che pregare Dio, proprio perché sono esigue le forze, popolari e politiche, finora scese in campo per impedire la ratifica della modifica dell’art.136 del TFUE, onde evitare che anche l’Italia perda del tutto e di fatto la sua legittima sovranità nazionale.
Roberto Lanzilli