La proposta di legge sull’omofobia estende in modo automatico la “Legge Mancino” del 1993 alle “discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere della vittima”. Viene così a punire con la reclusione fino a un anno e mezzo chiunque commette discriminazione o istiga a commettere discriminazione per motivi di orientamento sessuale. E’ prevista altresì nei confronti di chi venga condannato per tale reato la pena accessoria di “prestare una attività non retribuita a favore della collettività per finalità sociali” per un periodo fra tre mesi e un anno.
Tra tali attività, è prescritto che vi sia pure “lo svolgimento di lavoro… a favore delle associazioni a tutela delle persone omosessuali”.
Il reato di omofobia consiste nel discriminare ovvero nell’istigare a discriminare le persone per motivi di orientamento sessuale. Il testo della proposta di legge chiarisce all’art. 1 che “orientamento sessuale” è “l’attrazione nei confronti di una persona dello stesso sesso, di sesso opposto, o di entrambi i sessi”, e che invece “identità di genere” è “la percezione che una persona ha di sé come appartenente al genere femminile o maschile, anche se opposto al proprio sesso biologico”.
Con questa norma si archivia un diritto penale fondato, per senso di realtà e per garanzia, su dati oggettivi, per affidarsi a elementi soggettivi incerti come la “percezione di sé” quanto al genere, “anche se opposto al proprio sesso biologico” e “l’attrazione” verso il proprio o l’altro o entrambi i sessi.
Una norma così concepita costituisce una inammissibile violazione del principio della libera manifestazione del pensiero, tutelato dall’art. 21 della Costituzione. Tale diritto è inviolabile e insopprimibile, essenziale per la stessa esistenza di un sistema democratico, non modificabile neppure con il procedimento di revisione costituzionale.
Si vuole conculcare la libertà di esprimere giudizi critici sulle pratiche omosessuali e, più radicalmente ancora, la libertà di manifestare il pensiero contro la dittatura del relativismo, che pretende l’equiparazione di ogni pratica sessuale, come se tutte avessero gli stessi diritti della famiglia.
La proposta ha buone probabilità di diventare legge, poiché le forze politiche hanno ritenuto di dare priorità ad essa rispetto alla trattazione dei gravissimi problemi oggi sul tappeto, dalla recessione dell’economia alla disoccupazione, dalla tutela della famiglia all’eccessività del carico fiscale sulle imprese e sulle abitazioni.
La portata della norma è difficilmente percepibile da chi non sia esperto di cose giuridiche. Per esemplificarne il senso va detto che, alla stregua di tale proposta, potrebbero essere sottoposti a processo, in quanto incitanti a commettere atti di discriminazione per motivi di identità sessuale, tutti coloro che sollecitassero i parlamentari della Repubblica a non introdurre nella legislazione il “matrimonio” gay e, ancor più, tutti coloro che proponessero di escludere la facoltà di adottare un bambino a coppie omosessuali.
Si possono fare altri tre esempi.
Esempio n. 1. Il parroco organizza il corso di preparazione al matrimonio. Spiega che la famiglia è quella fondata sull’unione permanente fra un uomo e una donna, che non è immaginabile altro tipo di unione, e aggiunge che non sta bene assecondare l’”attrazione” verso persone dello stesso sesso, o anche di altro sesso se si tratta di persona diversa dalla propria moglie, e infine che non funziona nemmeno la versione bisex.
Di più, aggrava la situazione quando, a domanda di un nubendo se ciò di cui parla è materia di peccato, risponde che gli “atti impuri contro natura” costituiscono uno dei quattro peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio” (copyright: Catechismo della Chiesa cattolica).
Esempio n. 2. Il docente di psicologia insegna ai suoi allievi che “la percezione che una persona ha di sé” come appartenente a un genere “opposto al proprio sesso biologico” è qualcosa da affrontare con equilibrio e delicatezza, sapendo che provoca non poco disagio in chi la vive. Ma può essere positivamente risolta, superando situazioni difficili, come in più d’un caso è accaduto. Chi assicura che quel docente potrebbe continuare a tenere lezione, e non costretto a trasferirsi in un luogo più chiuso.
Esempio n. 3. Riguarda chi scrive e chi pubblica considerazioni come quelle che sto tentando di fare. Aggiungo che per il parroco del corso prematrimoniale, per il docente di psicologia e per chi scrive si aprirebbero, chiuse le porte del carcere, in forza della pena accessoria, quelle, per esempio, dell’Arcilesbica ove svolgere qualche mese di lavoro obbligatorio e gratuito, socialmente rieducativo.
articolo pubblicato su: ilsussidiario.net