Bijie (AsiaNews) – Gli agenti dell’Ufficio pianificazione familiare della provincia del Guizhou hanno prima picchiato e poi costretto una donna ad abortire attraverso la somministrazioni di pesanti dosi di farmaci che hanno creato un effetto velenoso, al punto che oltre alla morte del figlio ora si teme quello della madre. Lo confermano fonti di ChinaAid, Ong che monitora la situazione dei diritti umani in Cina.
Secondo queste fonti almeno cinque funzionari dell’Ufficio della contea di Jinsha hanno arrestato il 9 luglio scorso Li Fengfei, incinta di 18 settimane. La donna ha già un altro bambino, e secondo la famigerata legge del figlio unico non può averne un altro. I funzionari l’hanno portata in una cella, l’hanno picchiata, le hanno rotto un dente e l’hanno costretta a siglare con un’impronta digitale il modulo per l’aborto.
Mentre era ancora tenuta ferma sulla scrivania dell’ufficio, un agente le ha iniettato del Rivanol, medicinale usato per indurre il parto. Insieme a questo le hanno somministrato – sempre attraverso iniezioni – del Mifepristone e dell’Oxicitina. Una fonte medica conferma ad AsiaNews che, in dosi elevate, questi farmaci mischiati insieme hanno un effetto velenoso non solo per il bimbo nell’utero ma anche per la madre.
Li è stata rilasciata con la febbre alta, ma per 70 ore non ha iniziato il travaglio. Il 12 luglio i funzionari l’hanno costretta a fare un’ecografia che ha confermato la morte del bambino. Il giorno dopo l’hanno sottoposta a un’altra serie di iniezioni che – almeno fino a questa mattina – non hanno prodotto alcun risultato. La donna si trova ancora in ospedale in gravi condizioni (v. foto).