Gerusalemme (Agenzia Fides) – Un documento appena pubblicato dalla Commissione Giustizia e Pace – organismo collegato all’Assemblea dei vescovi ordinari cattolici di Terra Santa e presieduto dal Patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini Michel Sabbah – offre criteri di discernimento sulla questione dell’arruolamento degli arabi cristiani nell’esercito israeliano, tornata al centro del dibattito pubblico negli ultimi mesi.
Secondo gli estensori del documento, pervenuto all’Agenzia Fides, l’esercito è utilizzato come “un’istituzione che promuove coesione sociale” e un “luogo chiave” per coinvolgere i cittadini nel progetto nazionale “così come è concepito dalle autorità, cioè promuovendo Israele come uno Stato nazionale ebraico”.
In questa prospettiva, secondo la commissione Giustizia e Pace operante in Terra Santa, “parlare dell’arruolamento dei cristiani arabi piuttosto che degli arabi in generale – musulmani e cristiani – è chiaramente un tentativo di infilare un cuneo tra cristiani e musulmani in Israele”.
Nell’affronto di questa delicata problematica, la Chiesa dovrebbe tener presente che “l’esercito è usato come un mezzo per imporre e mantenere l’occupazione dei territori palestinesi e quindi impedire ai palestinesi dal raggiungere dignità e indipendenza”.
Esso si configura come “un esercito di aggressione e non di difesa”. Quindi “l’uso del servizio militare per dividere in se stessa la popolazione araba danneggia gli interessi degli arabi come comunità”.
Nel documento si prende atto che “molti giovani arabi in Israele stanno perdendo la propria identità nazionale, culturale e religiosa e non si identificano più come arabi”.
Soprattutto nelle città miste “cercano in ogni modo di assimilarsi nella maggioranza ebraica e identificarsi con essa”.
A questo proposito, i membri della Commissione Giustizia e Pace ripetono che “il compito della Chiesa consiste nell’educare i giovani a accettarsi per quello che sono, offrendo loro un’educazione umana, nazionale e cristiana equilibrata” che aiuti a integrare i vari elementi della loro identità (arabo palestinese, cristiano, cittadino di Israele) senza sacrificarne alcuno.
L’auspicio finale espresso dal documento è che vescovi e preti aiutino i loro fedeli nel mezzo di questa crisi di identità e “si facciano carico dei problemi che essi si trovano a affrontare nella vita quotidiana”. (GV) (Agenzia Fides 9/7/2013).