Il sistema economico e finanziario deve essere ripensato in chiave solidale, perché la crisi attuale ha bisogno di una “visione più etica” dei rapporti umani. Lo ha affermato Papa Francesco, nell’udienza ai convegnisti in questi giorni a Roma per la riunione organizzata dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice. Il Papa ha affrontato il tema della disoccupazione e ribadito che l’impossibilità di “guadagnarsi il pane” è la “peggiore povertà materiale”, perché “priva della dignità del lavoro”.
Dalla crisi economica non scappa più nessuno e le masse crescenti dei senza lavoro, specie in Occidente, sono una gigantesca spia di questa situazione. Servirebbe ripensare tutto un sistema, eppure a fare argine a questa che si staglia sempre più come un’impellenza sociale c’è la schiera dei servitori del profitto, che alla parola “solidarietà” invece storcono la bocca.
Papa Francesco legge con la consueta incisività, che non fa sconti, lo scenario contingente del pianeta, partendo da chi oggi vive il dramma di una estrema precarietà:
“E’ un fenomeno, quello della disoccupazione – della mancanza e della perdita del lavoro – che si sta allargando a macchia d’olio in ampie zone dell’occidente e che sta estendendo in modo preoccupante i confini della povertà. E non c’è peggiore povertà materiale, mi preme sottolinearlo, di quella che non permette di guadagnarsi il pane e che priva della dignità del lavoro”.
Le affermazioni del Papa vengono ascoltate dagli esperti che in questo giorni sono a Roma per il Convegno internazionale della Fondazione Centesimus annus pro Pontifice, organismo fondato 20 anni fa da Giovanni Paolo II e dedito alla diffusione del Magistero sociale della Chiesa. Il cuore del Convegno quest’anno riguarda il bisogno di “ripensare la solidarietà”.
Papa Francesco spiega in che modo:
“Non più come semplice assistenza nei confronti dei più poveri, ma come ripensamento globale di tutto il sistema, come ricerca di vie per riformarlo e correggerlo in modo coerente con i diritti fondamentali dell’uomo, di tutti gli uomini. A questa parola “solidarietà”, non ben vista dal mondo economico – come se fosse una parola cattiva -, bisogna ridare la sua meritata cittadinanza sociale. La solidarietà non è un atteggiamento in più, non è un’elemosina sociale: è un valore sociale, che ci chiede la sua cittadinanza”.
Nord e Sud del mondo, osserva Papa Francesco, sono ormai accomunati dalla ricorrente constatazione che c’è “qualcosa che non funziona”. Anche in questo frangente, il Pontefice è netto quando ribadisce che “la crisi attuale non è solo economica e finanziaria, ma affonda le radici in una crisi etica e antropologica”:
“Seguire gli idoli del potere, del profitto, del denaro, al di sopra del valore della persona umana, è diventato norma fondamentale di funzionamento e criterio decisivo di organizzazione. Ci si è dimenticati e ci si dimentica tuttora che al di sopra degli affari, della logica e dei parametri di mercato, c’è l’essere umano e c’è qualcosa che è dovuto all’uomo in quanto uomo, in virtù della sua dignità profonda: offrirgli la possibilità di vivere dignitosamente e di partecipare attivamente al bene comune”.
Ringraziando la Fondazione Centesimus Annus, Papa Francesco indica anche agli specialisti degli insegnamenti sociali della Chiesa che la necessità di una nuova riflessione investe anche i loro studi, almeno in due direzioni:
“Anzitutto coniugare il magistero con l’evoluzione socio-economica, che, essendo costante e rapida, presenta aspetti sempre nuovi; in secondo luogo, ‘ripensare’ vuol dire approfondire, riflettere ulteriormente, per far emergere tutta la fecondità di un valore – la solidarietà, in questo caso – che in profondità attinge dal Vangelo, cioè da Gesù Cristo, e quindi come tale contiene potenzialità inesauribili”.
Testo proveniente dal sito di Radio Vaticana