Eutanasia. I radicali fanno uno spot e danno i numeri. Che però sono sbagliati

Presentando ieri alla stampa la pubblicità pro eutanasia che racconta “La scelta di  Piera”, i radicali, per voce di Carlo Troilo dell’Associazione Luca Coscioni,  hanno lanciato una campagna di raccolta firme per una legge in materia  giustificandosi con alcuni numeri poi riportati tali e quali da quasi tutti i  giornali.

 

«Secondo dati dell’Istituto Mario Negri – ha detto Troilo – sono 80-90  mila i malati terminali che muoiono ogni anno, soprattutto di cancro: il 62%  muore grazie all’aiuto dei medici con “eutanasia clandestina”».

SCELTE DI VITA. Peccato che nell’edizione odierna di Avvenire Silvio Garattini, che del prestigioso istituto di ricerche  farmacologiche tirato in ballo dai radicali è il direttore, contesti decisamente  l’uso di quei dati accusando gli stessi radicali «di ignoranza, di  superficialità o peggio di malafede». Come spiega Francesca Lozito nell’articolo  di Avvenire, «oggetto dell’indignazione dell’istituto milanese è una  ricerca, “Scelte di vita”, pubblicata nel 2005 a cura di Guido Bertolini,  responsabile del Giviti (Gruppo italiano per la valutazione degli interventi in  terapia intensiva) coordinato proprio dal Mario Negri». Ebbene, è a questa  ricerca, «condotta in 84 reparti di terapia intensiva italiani», che ha fatto  riferimento l’Associazione Luca Coscioni per snocciolare i numeri esposti ieri.  Prendendo però una gran cantonata.

 

DUE CONCETTI MOLTO DIVERSI. In effetti il 62% di eutanasie  clandestine su 90 mila decessi per malattie terminali sarebbe un bell’argomento  a favore della legalizzazione della “dolce morte”. «I dati di quella importante  ricerca», però, replica Garattini, «sono stati riportati in maniera distorta e  scorretta, travisando completamente la loro portata e il loro significato». Infatti, chiarisce Avvenire, «il 62% citato dai radicali non si riferisce  all’eutanasia, men che mai nascosta, ma a quei pazienti terminali che non  ricevono cure accanite e spropositate quando non c’è più nulla da fare, venendo  invece supportati con un’adeguata terapia palliativa per accompagnarli in modo  dignitoso alla fine della vita».

 

MALINTESO O MALAFEDE? Comprensibile dunque lo sfogo di  un’autorità della materia come Garattini. «Porre sullo stesso piano l’eutanasia  e la desistenza da cure inappropriate per eccesso» significa per il professore  fare «campagna di grave disinformazione». Non proprio il massimo per chi si erge  a paladino della “scienza” contro l’oscurantismo. Chissà se sarà sufficiente ai  radicali parlare di «malinteso» – come hanno fatto ieri sera correndo ai ripari – per allontanare da sé il sospetto della «malafede».

 

articolo pubblicato su Tempi.it