1. “Il Signore liberi la Chiesa da qualsiasi interpretazione ideologica”
Papa Francesco suscita entusiasmo e ammirazione tra la gente semplice per l’autenticità della sua persona, che si rivela in tutti i suoi comportamenti e atteggiamenti e per l’amore evangelico che manifesta soprattutto verso gli ultimi (ha commosso la celebrazione del Giovedì Santo nel carcere minorile di Casal del Marmo).
Il Papa, vivendo e annunciando con semplicità il Vangelo, dà speranza a tanti uomini e donne che hanno perso il senso e la gioia di vivere e infonde fiducia e ottimismo nelle persone che lo vedono e lo ascoltano.
L’intellighenzia che legge tutta la realtà, qualunque essa sia, in chiave ideologica, non ha visto nell’elezione del nuovo Pontefice il soffio dello Spirito Santo: giornalisti e opinionisti sono già scesi in campo definendo il Papa o un conservatore o un progressista.
Secondo il Pastore valdese Alessandro Esposito, il Pontefice è un conservatore.
Scrive:
“In effetti il nuovo pontefice, sotto il profilo etico e dogmatico, non lascia intravedere alcuna possibilità per il rinnovamento in seno al cattolicesimo romano e può essere considerato in tutto e per tutto un fedele prosecutore del conservatorismo osservato in merito nell’arco dei due ultimi pontificati (sotto i quali, non va dimenticato, è avvenuta la quasi totalità delle nomine cardinalizie che compongono l’attuale conclave): basti, a tale proposito, dare una rapida scorsa ai commenti di Bergoglio relativi a tematiche quali l’aborto e l’eutanasia, che riprendono, radicalizzandole, le tesi elencate nel documento approvato dai vescovi latinoamericani e ratificato da papa Benedetto XVI nel corso della «V Conferenza Generale dell’episcopato dell’America Latina e dei Caraibi» tenutasi ad Aparecida, Brasile, dal 13 al 31 maggio del 2007. Ancora più eloquenti le dichiarazioni rilasciate dal primo papa gesuita della storia in seguito alla decisione presa dal governo argentino il 9 luglio del 2010 di riconoscere il matrimonio di persone dello stesso sesso, da lui definito, senza mezzi termini, una «mossa del diavolo» contro cui mobilitare una a suo avviso ineccepibile e improcrastinabile «guerra di Dio»”[1].
Secondo don Paolo Farinella, autore di Habemus Papam, il Papa è un rivoluzionario.
Così inizia un suo articolo apparso su “Micromega”:
“Si è avverata la profezia del mio romanzo Habemus papam, Francesco, riedito nel 2012 da Gabrielli Editori con il titolo «Habemus papam. La leggenda del papa che abolì il Vaticano». Il nome c’è già. Ora aspettiamo che abolisca il Vaticano, se non lo fanno fuori prima. Le premesse ci sono, la primavera anche e Bertone e i suoi complici facciano le valigie”[2].
Così termina il suo articolo:
“Infine, un papa latinoamericano, è una svolta nella storia della Chiesa: finisce la Chiesa italiana, eurocentrica e comincia la Chiesa universale, la Chiesa della periferia, la Chiesa dei poveri, nella speranza che inizi anche l’era di una Chiesa povera. Il papato di Ratzinger è stato solo una parentesi quadra che ha fatto perdere otto anni di tempo. Ora, in attesa che lo facciano fuori, speriamo che abbia la forza di fare piazza pulita, cominciando a dare un segno, chiamando in Vaticano, magari facendolo segretario di Stato, mons. Carlo Maria Viganò […]”[3].
Il Papa parla della Chiesa dei poveri e della Chiesa della periferia, ma non in senso pauperistico. Il cardinale Ortega Y Alamino ha diffuso il testo che l’allora Cardinale Bergoglio aveva presentato alle Congregazioni generali prima della sua elezione al soglio pontificio. E’ scritto nel testo:
“Pensando al prossimo Papa: un uomo che, dalla contemplazione di Gesù Cristo e dall’ adorazione a Gesù Cristo, aiuti la Chiesa a uscire da se stessa verso le periferie esistenziali, che la aiuti ad essere madre feconda che vive la dolce e confortante gioia dell’evangelizzazione”.
E’ questa la Chiesa che desidera il Papa ed è questa la Chiesa descritta negli Atti degli Apostoli: la Chiesa che annuncia il Kerigma e rialza chi è caduto, che soccorre l’orfano e la vedova e predica l’amore al nemico.
Non è la chiesa auspicata dalla teologia della liberazione che confonde la redenzione dal peccato, quindi dalla morte ontologica, con la liberazione dalle strutture economiche e sociali ingiuste presenti nel mondo, intese come “strutture di peccato”.
Secondo la teologia della liberazione, “la redenzione – scrive Ratzinger – diventava un processo politico, al quale la filosofia marxista forniva gli orientamenti di fondo. La fede da “teoria” si trasformava in prassi, in un’azione concreta e liberatrice”[4].
Il Papa non “realizza” affatto la teologia della liberazione, come è stato scritto da un’autorevole personalità ecclesiastica, perché è pienamente consapevole dei pericoli in cui va incontro la Chiesa quando la lettura del Vangelo è inquinata dall’ideologia.
Infatti il Pontefice, durante l’omelia tenuta durante la Messa presieduta nella Cappellina di Casa Santa Marta (19 aprile 2013), ha affermato:
“Quando entra l’ideologia, nella Chiesa, quando entra l’ideologia nell’intelligenza del Vangelo, non si capisce nulla” e ha concluso l’omelia dicendo: “Preghiamo oggi il Signore per la Chiesa: che il Signore la liberi da qualsiasi interpretazione ideologica e apra il cuore della Chiesa, della nostra Madre Chiesa, al Vangelo semplice, a quel Vangelo puro che ci parla di amore, che porta l’amore ed è tanto bello! E anche ci fa belli, a noi, con la bellezza della santità. Preghiamo oggi per la Chiesa!”.
“Che il Signore liberi la Chiesa da qualsiasi interpretazione ideologica”, e in particolare da quella marxista, che è l’anima della teologia della liberazione, e ha prodotto e produce tanti mali nel mondo.
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NOTE
[1] A. Esposito, Bergoglio, non facciamone un santo, Blog di Micromega, 14 marzo 2013.
[2] P. Farinella, Francesco I, il nome è un programma. Abolirà anche il Vaticano?, Blog di Micromega, 14 marzo 2013.
[3] Ibidem.
[4] J. Ratzinger, La fede e la teologia ai giorni nostri, in Aa. Vv., Cristianesimo e marxismo, Mondadori, Milano 1969, p. 22.
2. Il marxismo secondo il magistero dei Papi
2.1 Da Pio IX a Leone XIII
Papa Francesco non soltanto non condivise mai le tesi della teologia della liberazione, ma, anzi, le condannò pubblicamente nel 1979 a Puebla, durante la sua partecipazione al Consiglio Episcopale Latinoamericano [1].
Non poteva condividere questa interpretazione della fede intesa come prassi liberatrice, secondo la quale «di fronte a un mondo che non corrisponde alla bontà di Dio», i teologi della liberazione si battevano (e si battono) per il superamento di questa situazione tramite, scrive Ratzinger, «un mutamento radicale delle strutture del mondo, le strutture del peccato» [2].
Il magistero sociale della Chiesa, al quale Papa Bergoglio ha sempre pienamente aderito, insegna che l’origine dei mali esistenti nel mondo va ricercata non nelle strutture economiche e sociali ingiuste, ma nel “cuore” dell’uomo, che può essere risanato soltanto da Gesù Cristo, vivente nella Chiesa. E’ scritto nel Vangelo: «Ciò che esce dall’uomo, questo sì contamina l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo» [3].
Alcuni teologi sostengono che il marxismo, anche nella sua versione leninista, può essere accettato dai cristiani come uno strumento scientifico utile per realizzare il cambiamento sociale, prescindendo dalla sua visione atea e materialistica della realtà. Afferma Carmona:
Il marxismo leninismo non può essere accettato dal cristiano come una filosofia integrale, poiché egli possiede una sua concezione del mondo e dell’uomo che è trascendente e umanista, però può utilizzare il marxismo leninismo come un mezzo utile per il cambiamento sociale dato che si è dimostrato un mezzo efficiente e umano. Non per questo il marxismo leninismo sarà accettato nella sua totalità, ma piuttosto nei suoi elementi scientifici storicamente provati che configurano una Praxis di costruzione umanista di nuova società [4].
Secondo Popper il marxismo non è scientifico perché non è confutabile [5]. Esso consiste in una visione totalizzante del mondo, il cui centro è rappresentato dal potere economico.
Scrive in proposito il filosofo: «Marx scoprì l’importanza del potere economico, ed è comprensibile che ne abbia esagerato la portata. Egli e i marxisti vedono il potere economico dappertutto» [6].
Secondo Popper la teoria di Marx è “olistica”, cioè fornisce un’interpretazione totalizzante dell’uomo e della società [7]. Questa interpretazione totalizzante è atea e materialistica ed è il fondamento teorico-pratico del comunismo e del socialismo, entrambi concordemente condannati da tutti i papi[8].
Il primo Papa che si pronunciò con un’enciclica contro “le tenebrose insidie” del comunismo fu Pio IX nel 1846, quando ancora non era stato pubblicato il Manifesto del Partito Comunista (1848). Nell’enciclica Qui Pluribus (1846) viene sottolineato che il comunismo non rispetta il diritto naturale, sconvolge l’ordine sociale, è violento e perseguita ogni religione. E’ scritto:
A questo punta la nefanda dottrina del Comunismo, come dicono, massimamente avversa al diritto naturale; una volta che essa sia ammessa, i diritti di tutti, le cose, le proprietà, anzi la stessa società umana si sconvolgerebbero dal fondo. A questo aspirano le tenebrose insidie di coloro che, in vesti di agnelli, ma con animo di lupi, s’insinuano con mentite apparenze di più pura pietà e di più severa virtù e disciplina: dolcemente sorprendono, mollemente stringono, occultamente uccidono; distolgono gli uomini dalla osservanza di ogni religione, e fanno scempio del gregge del Signore [9].
Nel 1849 Pio IX scrisse un’altra enciclica, Nostis et nobiscum, nella quale affermò che il comunismo e il socialismo, appellandosi falsamente agli ideali di libertà e di uguaglianza, violano tutti i diritti umani e divini, istigano gli operai alla violenza e li utilizzano per rovesciare governi legittimamente costituiti, per depredare le proprietà altrui e, in particolare i beni della Chiesa. E’ scritto:
E per ciò che riguarda questi corrotti sistemi e dottrine, è già noto a tutti che essi, abusando dei nomi di libertà e di uguaglianza, cercano di insinuare nel volgo gli esiziali principi del Socialismo e del Comunismo.
È evidente poi che gli stessi maestri del Comunismo e del Socialismo, sebbene agiscano per via e con metodi diversi, hanno infine quel comune proposito di far sì che gli operai […] si agitino in continue turbolenze e a poco a poco si addestrino a più gravi delitti; intendono poi valersi dell’opera loro al fine di abbattere il governo di qualunque superiore autorità, di rubare, saccheggiare, invadere dapprima le proprietà della Chiesa e poi quelle di tutti gli altri; di violare infine tutti i diritti divini e umani, distruggendo il culto divino e sovvertendo l’intera struttura della società civile[10].
Leone XIII nel 1891 scrisse l’enciclica Rerum Novarum[11], nella quale viene affrontata la “questione sociale” ed è condannato sia il liberalismo selvaggio che il socialismo, perché il primo non rispetta la dignità della persona considerandola non come il fine, ma come lo strumento dello sviluppo economico, e il secondo, nato come reazione alle condizioni di sfruttamento dei lavoratori presenti nei sistemi capitalistici, incita gli operai alla lotta di classe e quindi all’odio verso i padroni, proponendo la trasformazione della proprietà da privata a collettiva e danneggiando così non soltanto i legittimi proprietari, ma anche gli stessi operai. E’ scritto:
A rimedio di questi disordini, i socialisti, attizzando nei poveri l’odio ai ricchi, pretendono si debba abolire la proprietà, e far di tutti i particolari patrimoni un patrimonio comune, da amministrarsi per mezzo del municipio e dello Stato. Con questa trasformazione della proprietà da personale in collettiva, e con uguale distribuzione degli utili e degli agi tra i cittadini, credono che il male sia radicalmente riparato. Ma questa via, invece che risolvere le contese, non fa che danneggiare gli stessi operai, ed è inoltre ingiusta per molti motivi, giacché manomette i diritti dei legittimi proprietari, altera le competenze dello Stato, e scompiglia tutto l’ordine sociale.
Con l’accumulare pertanto ogni proprietà particolare, i socialisti, togliendo all’operaio la libertà di investire le proprie mercedi, gli rapiscono il diritto e la speranza di trarre vantaggio domestico e di migliorare il proprio stato, e ne rendono perciò infelice la condizione[12].
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NOTE
[1] Cfr. G. Santambrogio, Quando Bergoglio condannò la teologia della liberazione, in “Il Sole 24 Ore”, 14 marzo 2013.
[2] J. Ratzinger, La fede e la teologia ai giorni nostri, cit., p. 22.
[3] Mc 7, 20-23
[4] E. Carmona, Dal messaggio originario dell’evangelo al confronto con la rivoluzione marxista, in Aa. Vv., Cristianesimo e marxismo, Mondadori, Milano 1969, p. 52.
[5] Cfr. K. R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, Armando, Roma 1996, p. 225 e segg.
[6]Ibidem, p. 149.
[7] Cfr. ibidem, pp. 156-157.
[8] L’ultima parte dell’articolo è tratta dal mio libro : M. Moscone, I cattolici e le forze politiche dal Risorgimento a oggi, Prefazione di A. Gaspari, IF Press, Morolo (Fr) 2011.
[9] Pio IX, Qui pluribus, 9 novembre 1946.
[10] Idem, Nostis et nobiscum, 8 dicembre 1849.
[11] La Rerum Novarum è il fondamento della dottrina sociale della Chiesa, le encicliche sociali successive sono: Quadragesimo Anno di Pio XI, Mater et Magistra di Giovanni XXIII, Octogesima adveniens di Paolo VI, Centesimus Annus di Giovanni Paolo II.
[12] Leone XIII, Rerum Novarum,15 maggio 1891, n. 4.
Pio XI, nell’enciclica Quadragesimo Anno (1931), riconobbe che nel socialismo sono presenti anche delle verità, ma affermò che un cattolico non può essere socialista perché il cristianesimo e il socialismo propongono ideali di società tra di loro contraddittori. E’ dichiarato nell’enciclica: «Se il socialismo, come tutti gli errori, ammette pure qualche parte di vero (il che del resto non fu mai negato dai Sommi Pontefici), esso tuttavia si fonda su una dottrina della società umana, tutta sua propria e discordante dal vero cristianesimo. Socialismo religioso e socialismo cristiano sono dunque termini contraddittori: nessuno può essere buon cattolico ad un tempo e vero socialista»1
Pio XI, nell’enciclica Divini Redemptoris del 1937, condannò «il comunismo bolscevico e ateo minaccia tremenda per la civiltà umana»2 e evidenziò come il comunismo fosse un grave pericolo per l’intera umanità, perché esso «mira a capovolgere l’ordinamento sociale e a scalzare gli stessi fondamenti della civiltà»3.
Il Papa in questa enciclica denunciò, come si evince dai titoli dei paragrafi sotto riportati, le falsità intrinsecamente connesse all’ideologia comunista, i rischi che l’affermazione di tale ideologia comporta per la salvaguardia dei diritti dell’individuo e della famiglia, il disprezzo per la libertà personale e l’odio antireligioso manifestato dai comunisti, le persecuzioni da essi perpetrate contro i cristiani e le “violenze furibonde” commesse in nazioni di tradizione cattolica:
– La dottrina del comunismo ha un falso ideale di giustizia, di eguaglianza e di fraternità.
– L’uomo viene spogliato della vera libertà e della sua dignità.
– Distruzione dei valori fondamentali del matrimonio e della famiglia.
– Persecuzione anticristiana del comunismo in Russia e in Messico
– Orrori del comunismo in Spagna
– Il comunismo è antireligioso per natura e lotta contro tutto ciò che è divino
– Il comunismo ha imposto la schiavitù a milioni di uomini.
Pio XI rilevò che nei confronti dei crimini commessi dal comunismo si era manifestata la «congiura del silenzio nella stampa mondiale»4 e affermò che non era «ammessa alcuna collaborazione con il comunismo»5 perché esso è “intrinsecamente perverso”. Il Papa si appellò quindi ai vescovi perché mettessero in guardia i fedeli da non farsi ingannare e li invitassero a non collaborare con i “senza Dio”. E’ scritto:
Procurate, Venerabili Fratelli, che i fedeli non si lascino ingannare! Il comunismo è intrinsecamente perverso e non si può ammettere in nessun campo la collaborazione con lui da parte di chiunque voglia salvare la civilizzazione cristiana. E se taluni indotti in errore cooperassero alla vittoria del comunismo nel loro paese, cadranno per i primi come vittime del loro errore e quanto più le regioni dove il comunismo riesce a penetrare si distinguono per l’antichità e la grandezza della loro civiltà cristiana, tanto più devastatore vi si manifesterà l’odio dei “senza Dio”6.
Il comunismo fu condannato da Pio XII perché “materialistico e anticristiano” e, per questo motivo, decretò nel 1949 la scomunica per i cattolici che sostengono e diffondono il comunismo. E’ scritto nel decreto: «Il comunismo […] è materialistico e anticristiano; i capi dei comunisti infatti, anche se a parole talvolta professano di non combattere la Religione, nella realtà tuttavia, sia nella dottrina che nell’azione, si mostrano contro Dio e contro la vera Religione e la Chiesa di Cristo»7.
Giovanni XXIII nel 1959, in continuità con Pio XII, estese la scomunica a «quanti danno il voto ai candidati che, anche se assumono il nome cristiano, nella pratica si associano ai comunisti e ne favoriscono l’azione»8. Quindi la scomunica riguarda tutti gli elettori cattolici che votavano per candidati i quali, pur dichiarandosi cristiani, collaboravano con i comunisti.
Paolo VI riaffermò il magistero dei suoi predecessori, sostenendo, nell’enciclica Octogesima adveniens del 1971, che «il cristiano deve perseguire i valori della solidarietà e del servizio», ma «rifiutando l’adesione all’ideologia marxista»9.
Giovanni Paolo II espresse una condanna totale nei confronti del marxismo, considerandolo una ideologia antiteista e antiumana. Il Papa scrisse nell’enciclica Centesimus Annus del 1991: «Il marxismo aveva promesso di sradicare il bisogno di Dio dal cuore dell’uomo, ma i risultati hanno dimostrato che non è possibile riuscirci senza sconvolgere il cuore»10.
Nell’enciclica Veritatis Splendor del 1993, Giovanni Paolo II affermò che il marxismo fa parte delle ideologie «che legavano la politica ad una concezione totalitaria del mondo»11.
Benedetto XVI, durante un incontro con il clero romano svoltosi nel 2006, disse che il XX secolo è stato caratterizzato da «due ideologie distruttive: fascismo-nazismo e comunismo» e sottolineò che «proprio in questo secolo, che si è opposto alla fede della Chiesa, il Signore ci ha dato una catena di grandi Papi, e così un’eredità spirituale che ha confermato, direi, storicamente, la verità del Primato del Successore di Pietro»12.
Giovanni Paolo II fa parte sicuramente di questa “catena di grandi Papi” e, avendo sperimentato personalmente la brutalità delle dittature naziste e comuniste, ha conosciuto le “ideologie del male” che hanno ispirato i due regimi totalitari. Queste ideologie del male «sono profondamente radicate ― scrive il Papa in Memoria e identità ― nella storia del pensiero europeo»13 e, «mentre il Signore ha concesso al nazismo dodici anni di esistenza e dopo dodici anni il sistema è crollato»14, il comunismo anche se «è caduto a motivo dell’insufficienza socio-economica del suo sistema, […] ciò non vuol dire che sia realmente respinto come ideologia e come filosofia»15.
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NOTE
1 Pio XI, Quadragesimo Anno, 15 maggio 1931, n. 120. La seconda e la terza parte dell’articolo è tratta dal mio libro: M. Moscone, I cattolici e le forze politiche dal Risorgimento a oggi, Prefazione di A. Gaspari, IF Press, Roma 2011.
2 Id., Divini Redemptoris, 19 marzo 1937, n. 1.
3 Ivi, n. 3.
4 Riguardo al rapporto esistente tra la diffusione del comunismo e il silenzio della stampa mondiale, Pio XI afferma:
Un potente aiuto al diffondersi del comunismo è una vera congiura del silenzio in una grande parte della stampa mondiale non cattolica. Diciamo congiura, perché non si può altrimenti spiegare che una stampa così avida di mettere in rilievo anche i piccoli incidenti quotidiani, abbia potuto per tanto tempo tacere degli orrori commessi in Russia, nel Messico e anche in gran parte della Spagna, e parli relativamente così poco d’una sì vasta organizzazione mondiale quale è il comunismo di Mosca. Questo silenzio è dovuto in parte a ragioni di una politica meno previdente, ed è favorito da varie forze occulte le quali da tempo cercano di distruggere l’ordine sociale cristiano (ivi, n. 18).
5 Ivi, n. 58.
6 Ibid.
7 Decreto Congregazione del Santo Uffizio, 1 luglio 1949.
8 Decreto Congregazione del Santo Uffizio, 25 marzo 1959.
9 Paolo VI, Octogesima adveniens,14 maggio 1971, n. 15.
10 Giovanni Paolo II, Centesimus Annus,1 maggio 1991,n. 24.
11 Id., Veritatis Splendor, 6 agosto 1993, n. 101.
12 Benedetto XVI, Incontro con il clero della Diocesi di Roma, 2 marzo 2006.
13 Giovanni Paolo II, Memoria e identità. Conversazioni a cavallo dei millenni, Rizzoli, Milano 2005, p. 18.
14 Ivi, p. 26.
15 Ivi, p. 63.
Fonte: Zenit