Una regina che predilesse i poveri e una mistica che patì sul suo corpo le sofferenze di Gesù, offrendole per i malati. Maria Cristina di Savoia e Maria Bolognesi sono le due prossime Beate delle quali la Chiesa ha riconosciuto il miracolo che le innalzerà agli altari. I Decreti che riguardano loro sono stati promulgati oggi dalla Congregazione delle Cause dei Santi, dopo l’autorizzazione concessa ieri da Papa Francesco al cardinale Angelo Amato.
Un ritratto delle due future Beate nel servizio di Alessandro De Carolis.
Una carrozza transita per le strade sterrate della Napoli dei primi anni Trenta dell’800. A un tratto si blocca e con grazia scende e si inginocchia fino a terra, incurante anche del fango, la regina in persona. Dal finestrino ha visto passare un prete con il Viatico, l’Ostia per gli ammalati, ma in quel gesto immediato di devozione cristiana in Maria Cristina di Savoia non c’è niente di sorprendente.
Anche perché, poco tempo prima, andata in sposa al re di Napoli, Ferdinando II, quella stessa regina aveva stabilito, d’accordo col marito, che una parte del denaro per la festa nuziale servisse da dote per 240 spose povere e a riscattare un buon numero di pegni depositati al Monte di Pietà.
Nel 1832, appena ventenne e fresca sposa, Maria Cristina è dunque una donna di solida fede cristiana, che ha nutrito con una solida formazione fin dall’infanzia assieme alle sue sorelle.
Nel suo cuore, in particolare, il Vangelo produce un’eco spirituale profonda che la porta a desiderare di ritirarsi in clausura. La ragion di Stato la vuole invece sul trono e moglie di un re. Lei accetta ma con il suo atteggiamento improntato ai valori cristiani modella anche l’ambiente di corte che la circonda: come quando fa in modo che per tutti sia possibile nei giorni festivi partecipare alla Messa.
La sua giornata, fatti salvi i suoi doveri, è per i poveri. Per meglio dire, sono i poveri il suo “dovere”. Del suo direttore spirituale si dice avesse un baule pieno di ricevute delle persone da lei beneficate. E a lei devono la vita anche tutti quei condannati alla pena di morte che, per intervento di Maria Cristina, videro commutata in grazia l’esecuzione capitale.
La vita di Maria Cristina di Savoia si spezza col parto del primogenito, che nasce il 16 gennaio 1836. Il 29, a un passo dall’agonia, prende in braccio il bambino, lo porge al re suo marito e gli dice: “Tu ne risponderai a Dio e al popolo… e quando sarà grande gli dirai che io muoio per lui”.
Si spegne il 31 gennaio 1836 tra il dolore di una città che in soli tre anni ha imparato ad amare colei che da quel momento verrà ricordata come la “Regina santa”.
Di circa cento anni dopo, in tempi molto vicino a noi, è la vicenda umana e soprannaturale di Maria Bolognesi, originaria della provincia di Rovigo, dove nasce il 21 ottobre 1924.
All’opposto della regina di Napoli, Maria nasce in un ambiente di miseria estrema, al punto che talvolta si ciba delle bucce di patate che le sue amiche hanno gettato sullo sterco di vacca e che lei pulisce con un po’ d’acqua prima di mangiarle.
Arriva a completare le prime due classi della scuola elementare, poi la sua penna diventa la zappa e l’aula i campi dove è costretta a lavorare per aiutare la famiglia.
Fa da mamma ai fratelli e intanto, nei silenzi della campagna, cresce in lei un bisogno di preghiera insopprimibile. È Dio che la sta preparando per una particolarissima esperienza, rivivere i dolori della Passione di Gesù.
Ma prima per la mistica, appena sedicenne, comincia un periodo di possessione demoniaca, che va dal giugno 1940 al primo aprile del ’42. In quei mesi, durissimi, la preghiera le risulta impossibile e violento è il senso di repulsa che le provoca la vicinanza di una chiesa. Poi, da quel primo aprile vede il primo dei tre anelli che Cristo le darà – che reca incastonati cinque rubini segno delle cinque piaghe di Gesù – e da quel momento il suo corpo diventa ciò che per Cristo è stato il Calvario.
Maria patisce sudorazioni sanguigne e numerose patologie di vario tipo, che lei offre per i malati, ai quali si sente profondamente unita. Il primo anello viene sostituito dapprima con uno più prezioso (l’anello dell’Ecce Homo), quindi con uno di oro massiccio. Ciò che è davvero straordinario è che tutto ciò non frena l’impegno della mistica nell’Azione Cattolica, né come catechista parrocchiale, né soprattutto come assistente ospedaliera.
Anzi, è solo la morte, sopravvenuta il 30 giugno 1980, a non permetterle di vedere completato il suo sogno di una casa per convalescenti. Ma per la gente delle sue parti lei è e resta la “donna silenziosa della carità”.
Testo proveniente dal sito di Radio Vaticana