Il Concilio Vaticano II (1962-1965) insegna , in sintonia con i precedenti, che nella storia umana avviene una “lotta tremenda” contro satana, nella quale è coinvolto ogni uomo, che può schierarsi liberamente dalla parte di Dio o del diavolo, della Luce o delle tenebre, della Verità o della menzogna, della Pace o della violenza. E’ scritto nel documento conciliare: “Tutta intera la storia umana è […] pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall’origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno”.
Riguardo alla natura di satana il Concilio Lateranense IV (1215) afferma:
“[Dio] creò dal nulla l’uno e l’altro ordine di creature: quello spirituale e quello materiale, cioè gli angeli e il mondo terrestre, e poi l’uomo, quasi partecipe dell’uno e dell’altro, composto di anima e di corpo. Il diavolo, infatti, e gli altri demoni sono stati creati da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si sono trasformati in malvagi. L’uomo poi ha peccato per suggestione del demonio”.
Il Concilio di Trento (1545-1563) sottolinea che, nonostante la vittoria di Gesù Cristo su satana, questi è sempre attivo e cerca di condurre ogni essere umano alla perdizione eterna, in modo particolare al termine della vita. Afferma il Concilio:
“Quantunque […] il nostro avversario, durante tutta la vita, cerchi e colga ogni occasione per divorare [cfr. 1 Pt 5,8] le nostre anime in qualsiasi modo, non vi è tempo in cui egli impieghi con più forza tutta la sua astuzia per perderci completamente e allontanarci, se possibile, anche dalla fiducia nella divina misericordia, nel momento in cui vede imminente la fine della nostra vita”.
Giovanni Paolo II ha riaffermato questa dottrina conciliare[1] quando, il 24 maggio 1987, durante la visita al santuario di San Michele Arcangelo, dichiarò che il diavolo “è tuttora vivo e operante nel mondo. Infatti il male che è in esso, il disordine che si riscontra nella società, l’incoerenza dell’uomo, la frattura interiore della quale è vittima, non sono solo le conseguenze del peccato originale, ma anche l’effetto dell’azione infestatrice e oscura di satana”.
Gesù Cristo ha vinto il nemico dell’uomo con la sua morte e risurrezione e a Lui è necessario affidarci per essere liberati dal male e essere felici.
La Pasqua di Cristo, cioè il suo passaggio dalla morte alla vita, è l’evento savifico che la Chiesa è chiamata ad annunziare fino ai confini della terra, specialmente nelle “periferie dell’esistenza”[2] ai tanti giovani , uomini e donne che vivono “nell’ombra della morte” e hanno perso o non hanno mai trovato il vero senso della vita.
Ogni cristiano è chiamato a testimoniare Cristo crocifisso, che con la sua croce ha redento il mondo e dona a chi si affida a Lui la gioia e la forza per portare la propria croce, perché “ci ha liberati dai nostri nemici. […] Eterna è la sua misericordia”[3].
(La seconda parte è stata pubblicata sabato 6 aprile 2013)
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NOTE
[1] Il magistero di Giovanni Paolo II si attua in continuità con i suoi predecessori. Paolo VI, nell’udienza generale del 15 novembre 1972, ricordò l’insegnamento della Chiesa relativo all’azione malvagia nel mondo di “un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore, terribile realtà, misteriosa e paurosa”.
Leone XIII ebbe diretta esperienza di questa “terribile realtà, misteriosa e paurosa” durante una visione che ebbe in Vaticano mentre assisteva a una Messa nella sua cappella privata.
Il giornalista Huber così racconta questo episodio, testimonato anche dal Cardinale Nasalli Rocca nella sua lettera pastorale per la Quaresima del 1946:
“Era un giorno del dicembre 1884 o del gennaio 1885, in Vaticano, nella cappella privata di Leone XIII.
Dopo aver celebrato la Messa, il Papa come al solito assistette a una seconda Messa. Verso la fine lo si vide drizzare energicamente il capo, poi fissare intensamente qualcosa, al di sopra del capo del celebrante. Guardava fisso, senza battere palpebra ma con un senso di terrore e di meraviglia, cambiando colore e lineamenti. Qualcosa di strano, di grande, avveniva in lui … Finalmente, come rivenendo a sé, dando un leggero ma energico tocco di mano, si alzò e si avviò verso il suo studio privato. Un prelato del suo seguito chiese: ‘‘Santo Padre, non si sente bene? Ha bisogno di qualcosa?’’. ‘‘Niente, niente’’, rispose il Papa.
Il Ponterfice si chiuse nel suo studio. Una mezz’ora dopo fece chiamare il segretario della Congregazione dei Riti. Porgendogli un foglio, gli ingiunse di farlo stampare e di farlo pervenire a tutti i vescovi del mondo.
Qual era il contenuto di questo foglio? Una preghiera a San Michele Arcangelo composta dalla stesso Leone XIII: una preghiera che i sacerdoti avrebbero dovuto recitare alla fine di ogni Messa bassa, in ginocchio ai piedi dell’altare, dopo la Salve Regina già prescritta da Pio IX:
‘‘O San Michele Arcangelo, difendici nella lotta: sii il nostro aiuto contro le malvagità e le insidie del demonio. Iddio lo domini, supplichevoli lo chiediamo e tu, Capo della Milizia celeste, incatena nell’inferno, col divino potere, Satana e gli altri spiriti maligni, che vanno vagando nel mondo, per perdere le anime. Così sia’’.
Leone XIII confidò più tardi a un segretario, monsignor Rinaldo Angeli, di aver visto durante la Messa un nugolo di demoni che si scagliavano sulla Città eterna per investirla” (G. Huber, Vattene via satana! Il diavolo oggi, Libreria Edirice Vaticana, Città del Vaticano 1993, pp. 20-22).
[2] Il Papa invita tutti i cristiani ad “andare incontro agli altri, per andare verso le periferie dell’esistenza, muoverci noi per primi verso i nostri fratelli e le nostre sorelle, soprattutto quelli più lontani, quelli che sono dimenticati, quelli che hanno più bisogno di comprensione, di consolazione, di aiuto. C’è tanto bisogno di portare la presenza viva di Gesù misericordioso e ricco di amore! “ (Papa Francesco, Udienza generale, Roma, Piazza San Pietro, 27 marzo 2013).
[3] Sal 136, 24
Fonte: Zenit