Continuare “nella linea voluta da Benedetto XVI” nella lotta agli abusi su minori nella Chiesa. E’ quanto chiesto da Papa Francesco alla Congregazione per la Dottrina della Fede, in occasione dell’udienza ieri al prefetto, mons. Gerhard Ludwig Müller. Il Santo Padre sottolinea, dunque, il grande sforzo del suo predecessore nell’affrontare questa piaga. Certo si tratta di un’infima minoranza, rispetto alla stragrande maggioranza di sacerdoti che ogni giorno servono Dio e il prossimo. Ma non per questo, testimonia il Papa, bisogna esitare nella lotta a questa piaga.
Nel servizio di Alessandro Gisotti ricordiamo l’impegno di Benedetto XVI contro gli abusi su minori, una grande eredità lasciata al suo successore:
“Il Papa ci ha compresi, ha capito il nostro dolore”: in queste parole di una vittima della pedofilia sta forse l’essenza, semplice e drammatica, dell’impegno senza sosta di Benedetto XVI per sradicare la spaventosa piaga degli abusi su minori da parte di membri del clero. Papa Ratzinger è il primo Pontefice ad incontrare le vittime di quello che definisce un “orrendo crimine”.
Negli Stati Uniti e poi in Australia, in Inghilterra e a Malta, il Papa si commuove nell’ascoltare in prima persona le testimonianze di chi è stato abusato. Da questa esperienza, dalla consapevolezza della profondità delle ferite su questi innocenti, scaturisce lo sforzo – senza precedenti nella storia della Chiesa – per contrastare la pedofilia. Uno scandalo, osserva con amarezza Papa Benedetto, che fa più male alla Chiesa persino delle persecuzioni anticristiane:
“Non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione alla Chiesa non viene dai nemici di fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa, e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di reimparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia”. (Colloquio con i giornalisti, volo verso il Portogallo, 11 maggio 2010)
Il Papa affronta in prima persona le situazioni più gravi. Nel 2010, scrive una toccante lettera ai fedeli irlandesi in cui afferma di “condividere lo sgomento e il senso di tradimento” che molti “hanno sperimentato al venire a conoscenza di questi atti peccaminosi e criminali e del modo in cui le autorità della Chiesa in Irlanda li hanno affrontati”.
Assieme alla Lettera, il Papa ordina una visita apostolica per rinnovare le diocesi e renderle davvero capaci di affrontare il terribile fenomeno. Analogo il provvedimento che il Papa compie nei confronti dei Legionari di Cristo. Il Pontefice impone al fondatore della Congregazione, Marcial Maciel, una vita di penitenza. E di lui dice, nel libro Luce del mondo, è stato “un falso profeta che ha condotto una vita immorale e contorta”, “purtroppo il suo caso è stato affrontato molto lentamente e in ritardo”.
Significativamente, lo scandalo degli abusi – già emerso nel Pontificato di Giovanni Paolo II – esplode in modo eclatante mentre la Chiesa sta celebrando l’Anno sacerdotale, voluto da Benedetto XVI nel 150.mo della morte di San Giovanni Maria Vianney:
“E così è successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti, soprattutto l’abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a vantaggio dell’uomo viene volto nel suo contrario”. (Omelia, 11 giugno 2010)
Chiediamo “insistentemente perdono a Dio e alle persone coinvolte – aggiunge il Papa – mentre intendiamo promettere di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più”.
Un impegno che il Papa chiede a tutti i livelli e ribadisce con forza anche nella Lettera ai seminaristi nella quale parla di “sacerdoti che hanno sfigurato il loro ministero” e che hanno provocato “con i loro abusi, distruzioni di cui proviamo profondo dolore e rincrescimento”. Al termine del 2010, Annus horribilis per lo scandalo della pedofilia, il Papa confida dunque alla Curia Romana tutto il suo dolore:
“Nella visione di sant’Ildegarda, il volto della Chiesa è coperto di polvere, ed è così che noi l’abbiamo visto. Il suo vestito è strappato – per la colpa dei sacerdoti. Così come lei l’ha visto ed espresso, l’abbiamo vissuto in quest’anno. Dobbiamo accogliere questa umiliazione come un’esortazione alla verità e una chiamata al rinnovamento. Solo la verità salva”. (Discorso alla Curia Romana, 20 dicembre 2010)
L’impegno a tutto campo del Papa contro gli abusi raggiunge il suo culmine con l’emanazione, nel 2010, di nuove norme che trattano i “delitti più gravi” dei sacerdoti tra cui la pedofilia. Si tratta di un “contributo alla chiarezza e alla certezza del diritto in un campo in cui la Chiesa” è impegnata “a procedere con rigore e con trasparenza”.
Non solo, il Papa chiede a tutte le conferenze episcopali del mondo di preparare delle linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale da parte di sacerdoti e religiosi. La lotta allo scandalo della pedofilia è dunque per il Papa uno sforzo che deve continuare, senza sosta. E’ questo uno dei messaggi più forti e duraturi che Benedetto XVI consegna alla Chiesa:
“Dobbiamo trovare una nuova risolutezza nella fede e nel bene. Dobbiamo essere capaci di penitenza. Dobbiamo sforzarci di tentare tutto il possibile, nella preparazione al sacerdozio, perché una tale cosa non possa più succedere”. (Discorso alla Curia Romana, 20 dicembre 2010)
Testo proveniente dal sito di Radio Vaticana