Interessante articolo oggi sulla prima pagina del Corriere della Sera. Lo scrive Giovanni Belardinelli e il titolo è “L’illusione della democrazia diretta”. Scrive l’autore che «se la democrazia consiste nel dare voce ai sentimenti popolari, nell’incanalare anche la protesta attraverso il voto, il Movimento 5 Stelle precisamente questa funzione ha svolto nelle ultime elezioni». Come ci riuscirà è «un’incognita per tutti, anche per Grillo».
Un’incertezza dovuta, secondo Belardinelli, non tanto all’inesperienza dei grillini, ma al fatto «che il M5S è portatore di un’idea di democrazia diretta, fondata sul web e sull’eguaglianza assoluta di rappresentanti e rappresentati (“uno vale uno”), che è difficilmente compatibile con le istituzioni della democrazia rappresentativa».
Riassumendo le istanze del M5S, Belardinelli nota che oltre a escludere «qualunque “mediazione di organismi rappresentativi”», «ogni gerarchia interna», e ogni «gerarchia fondata sulle competenze», il movimento di Grillo vive di «suggestioni e utopie non nuove.
È nientemeno a Rousseau che può esser fatta risalire l’idea secondo la quale “ogni legge che il popolo in persona non ha ratificato è nulla”. Grillo e i suoi seguaci possono anche non aver mai letto il Contratto sociale.
Ma l’aspirazione a costruire una democrazia priva di partiti e di ogni gerarchia ha attraversato la storia europea degli ultimi duecento anni e più: dai militanti dei club giacobini che vigilavano su ciò che alla Convenzione facevano i “cittadini” eletti (così annunciano di voler essere chiamati anche gli eletti grillini) alla fiducia di Proudhon o di Bakunin sulla capacità della società di autogovernarsi».
Oggi, scrive l’editorialista del Corriere, «Grillo vi aggiunge l’idea che tutto questo sia diventato finalmente possibile grazie alla Rete dove, come in un’assemblea globale perennemente riunita, tutti potremo pronunciarci su tutto, e gli eletti in Parlamento si limiteranno ad applicare le nostre decisioni. Da qui deriva la richiesta di reintrodurre il vincolo di mandato per gli eletti alle Camere: una richiesta che è sconosciuta alle democrazie moderne, che sono nate proprio superando quel mandato imperativo che oggi Grillo vorrebbe riesumare.
Anche in questo, con una strana miscela di modernità internettiana e archeologia politica, ci si rifà inconsapevolmente a Rousseau, per il quale i deputati non erano i rappresentanti del popolo, ma solo i suoi “commissari”, privi di volontà e iniziativa proprie».
Tutto bene, quindi? Mica tanto. Perché la nuova democrazia diretta proposta da Grillo rivela una contraddizione e un pericolo: «La contraddizione e il pericolo risiedono nel fatto che un movimento che esalta l’assenza di strutture intermedie e di dirigenti, ha poi un leader che richiede obbedienza assoluta. Il punto non è in realtà che Grillo sia il capo indiscusso», ma «piuttosto che lo sia senza alcuna carica formale e perciò contendibile, nella quale possa venire sfidato da un eventuale oppositore interno».
Conclusione di Belardinelli: «Non sappiamo quanto questa paradossale (e poco rassicurante) idea di una democrazia diretta a guida autocratica potrà resistere una volta che il nuovo Parlamento si sia insediato. Possiamo immaginare, dalla decisione di costituire alla Camera e al Senato due strutture di comunicazione in costante contatto con Grillo, che all’inizio i suoi deputati e senatori saranno semplici esecutori di una “volontà del web” costantemente interpretata da Grillo stesso (e da Gianroberto Casaleggio).
C’è chi ritiene che, come altre volte è avvenuto per i movimenti portatori di un’opposizione di sistema, la partecipazione al lavoro parlamentare — fatta di discussioni in Aula e in commissione, ma anche di contatti informali con i rappresentanti degli altri partiti — finirà presto per costituzionalizzare almeno una parte dei grillini. È possibile, ma credo che una tale previsione sottovaluti sia la capacità di controllo di Grillo sui suoi eletti (tanto più forte nella prospettiva, che nessuno può escludere, di nuove elezioni in tempi brevi); sia la forza che l’idea-mito di una democrazia del web — pur con tutte le sue ambiguità e i suoi pericoli — esercita sul Movimento 5 Stelle come fondamentale elemento identitario».
Fonte: Tempi