Oltre 11 miliardi di euro. È questa la cifra, secondo una stima al ribasso, di quanto la Chiesa con le sue opere fa risparmiare in un anno allo Stato italiano. «Abbiamo scritto sulla base dei fatti, senza voler polemizzare con chi, anche in tempi recenti, ha suggerito con i suoi scritti l’idea di una Chiesa parassita dello Stato», cercando «di quantificare in modo almeno verosimile il contributo offerto» allo Stato italiano dalla Chiesa.
Così Giuseppe Rusconi ha presentato il suo libro Come la Chiesa italiana accompagna la società nella vita di ogni giorno (Rubbettino editore, 137 pagine, 12 euro). «Perché? Non per rivendicare meriti particolari alla Chiesa, non per una manifestazione di orgoglio cattolico, ma per cercare di stabilire un minimo di equilibrio – utile un’analisi spassionata sulla situazione – nel gran ballo di numeri riguardanti i costi della Chiesa per lo Stato».
LE CIFRE. Ecco i numeri di una tabella riassuntiva dei risparmi annui ottenuti dallo Stato grazie al contributo del mondo ecclesiale: dagli oratori 210 milioni di euro; dalle realtà caritative parrocchiali 260 milioni; dalle mense dei poveri 27 milioni; dal Banco Alimentare 650 milioni; dai fondi di solidarietà diocesani 50 milioni; dalle Scuole paritarie cattoliche 4 miliardi e mezzo; dalla formazione professionale 370 milioni; dalla sanità ospedaliera 1 miliardo e 200 milioni; dalle Comunità per il recupero dei tossicodipendenti 800 milioni; dalla lotta contro l’usura 1 miliardo e 200 milioni; dal volontariato cattolico 2 miliardi e 800 milioni; da Migrantes 2 miliardi; dai beni culturali ecclesiastici 130 milioni; dal prestito della speranza 30 milioni una tantum; dal post-terremoto dell’Aquila 35 milioni; dal post-terremoto dell’Italia del Nord 13 milioni; dal Progetto Policoro 1 milione; altri dal settore socio-assistenziale da cui non è possibile al momento una valutazione adeguata nazionale. In tutto si parla di più di 13 miliardi di euro, che andrebbero sommati ai risparmi per lo Stato derivanti dal settore socio-assistenziale di cui però non ci sono ancora dati certi.
I DANNI DELL’IMU. Lo Stato, però, con l’ultimo governo Monti, ha appesantito l’attività di questi soggetti ad esempio con l’Imu. Dopo la risoluzione 1/Df/2012 del governo Monti, le attività non caratterizzate da tariffe simboliche o a titolo gratuito dovranno pagarlo. Di fatto così vengono incluse le scuole primarie (4,5 miliardi di risparmi per lo Stato), la formazione professionale (370 milioni), la sanità ospedaliera (1,2 miliardi) e il settore socio-assistenziale.
Come documentato da Tempi, lo Stato ha seguito le indicazioni del commissario europeo alla Concorrenza, Joaquin Almunia, secondo cui «quando le no profit operano sullo stesso mercato degli attori commerciali dobbiamo essere sicuri che non beneficino di vantaggi non dovuti».
Significa che anche le realtà caritative (260 milioni di euro di risparmi statali), le comunità di recupero per tossico dipendenti (800 milioni) e altre di tipo socio-assistenziale che svolgono attività di recupero producendo e vendendo qualcosa, per insegnare mestieri e introdurre le persone svantaggiate sul mercato del lavoro, si vedranno penalizzate. Ma anche le parrocchie (510 milioni) o i conventi, che affittano stanze o le usano per il recupero dei settori più poveri della società, ricevendo in cambio qualche sovvenzione, saranno costrette a pagare la tassa introdotta dal governo tecnico. Nella risoluzione sono incluse anche le mense dei poveri (27 milioni).
L’IRRAZIONALITA’ DELLA MISURA. La Chiesa andrà avanti, sottolinea Rusconi, anche se farà più fatica. Nel libro si parla solo «della punta dell’iceberg», ma c’è anche chi «senza farsi notare, lavora quotidianamente, avvalorando nell’ombra la conclamata prossimità all’uomo.
C’è chi sostiene economicamente quella famiglia, chi si cura del ragazzo che non frequenta più la scuola, chi accompagna giorno dopo giorno l’integrazione dell’immigrato. È l’incontro personale che si fa conoscenza, comprensione, aiuto contro l’emarginazione sempre in agguato».
Se la Chiesa può fare tutto questo è «perché pure essa è sostenuta da Qualcun altro». Ma serve anche il riconoscimento pubblico del valore delle opere della Chiesa (almeno 11 miliardi, ricordiamolo) o la “linea europea” avrà il sopravvento.
Fonte: Tempi