Per il centesimo anno si celebra oggi la Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato, istituita nel 1914 allo scoppio della prima Guerra mondiale da Benedetto XV. L’edizione 2014 vede il forte messaggio di Papa Francesco, dal tema: “Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore”. Sono un esercito in continuo cammino, i rifugiati e i migranti: oltre 45 milioni i primi, 230 milioni i secondi.
E il 2013 è stato l’anno che ha fatto registrare il più alto numero di vittime tra loro, il cui numero totale non si conoscerà mai, perché è impossibile calcolare tutte le vittime scomparse nei mari o nelle sabbie dei deserti.
Sono state le Nazioni Unite, lo scorso ottobre, a dirci che nel 2013 i migranti sono stati il 3,2% della popolazione globale, 78 milioni in più rispetto al 1990, 23 anni fa, e le donne sono il 48%.
In questi anni è cambiata anche la ragione delle partenze: pensare che oggi sia solo di tipo economico è riduttivo, per una realtà alimentata anche da migrazioni dovute alle catastrofi naturali, o ad annosi e devastanti conflitti, come quello siriano, produttori di un continuo flusso di rifugiati e profughi.
Papa Francesco, nel suo messaggio per l’odierna Giornata, ha chiesto che per queste persone si possa costruire un mondo migliore, dove speranza, rispetto, e accoglienza contrastino il “rifiuto, la discriminazione, i traffici dello sfruttamento, del dolore e della morte”.
Il Papa ha sollecitato il mondo a creare condizioni di vita dignitose per tutti, ha chiesto di passare “da una cultura dello scarto ad una cultura dell’incontro”, un messaggio fondamentale che fatica però ad arrivare alle orecchie delle società dei paesi ricchi, porto d’arrivo per rifugiati e migranti, in realtà spesso Paesi all’origine delle gravi diseguaglianze e dei conflitti che producono gli esodi.
L’Italia è al quinto posto in Europa per maggior numero di migranti e all’undicesimo nella classifica mondiale.
Il 2013, per la penisola, sarà soprattutto legato alla sciagura a largo di Lampedusa, nel mese di ottobre: il naufragio di un barcone di migranti che ha provocato centinaia di morti.
Ma l’Italia può raccontare anche molte storie positive, di integrazione, di amicizia e realizzazione, come quella di Bridget Fomundam, insignita due giorni fa del titolo di ‘migrante dell’anno’ dalla Tavola della Pace della provincia di Pisa.
Bridget Fomundam è nata in Camerun, da 18 anni vive in Italia, e due anni fa ha avuto la cittadinanza. Insegna nella scuola di lingua inglese da lei fondata 12 anni fa. E’ sposata con un ingegnere elettronico, uno dei primi africani a laurearsi all’università di Pisa, ed è madre di tre figli.
La Fomundam è anche presidente del consiglio della Chiesa valdese di Pisa:
R. – Questo premio per me è il risultato del mio lavoro, del sacrificio dei miei figli, di tanti miei amici e soprattutto di mio marito, che è stato la mia spalla. Questo premio è un “grazie” a loro. Vorrei anche dedicare questo premio alle sorelle immigrate, che si sono trovate costrette a vendere tutto quello che di buono avevano, persino i loro corpi.
Vorrei dedicarlo anche alle mogli immigrate, che arrivano in Italia per amore e si trovano da un giorno all’altro a subire ingiustizie e addirittura violenze, tutto perché il marito, dopo averle fatte venire in Italia, le minaccia, dicendo loro: “Se apri la bocca, ti rispedisco a casa o ti ritiro il permesso di soggiorno”.
Vorrei dedicarlo anche alle mamme immigrate, quelle mamme che si alzano tutte le mattine con il dilemma di come far crescere i figli, secondo la loro cultura o secondo la cultura del Paese che li ha accolti e, dunque, l’Italia.
Vorrei dedicarlo soprattutto agli immigrati, quegli immigrati che hanno un reddito che non deve sfamare soltanto la loro famiglia che è qui in Italia con loro, ma una catena lunga di persone che aspettano nel loro Paese di origine.
D. – Quanto questi suoi appelli, queste sue parole verso i suoi fratelli immigrati vengono capiti dall’Italia e dagli italiani?
R. – Io direi che ora, a differenza di tanti anni fa, vengono capiti e presi anche in considerazione, perché il problema dell’immigrazione in Italia non è più una novità.
Purtroppo, ve ne è una parte buona ed una cattiva e spesso, spessissimo, abbiamo la tendenza a vedere solo quella cattiva, ma esiste anche l’altra e possiamo darle valore, anche per aiutarci a combattere quella cattiva.
L’Italia, secondo me, dà tantissimo agli immigrati, però ci aiuterebbe molto di più se ‘ci insegnasse a pescare e non ci desse i pesci ogni giorno’.
Una cosa che ho notato è che quando è arrivata la crisi economica, le prime persone a perdere il lavoro sono stati gli immigrati, non per razzismo o cose di questo tipo, ma perché queste erano persone senza formazione.
Sono, quindi, le prime persone ad essere buttate fuori, quando arriva una situazione di crisi, come quella che stiamo vivendo ora.
Allora chiedo la possibilità di avere una formazione. Questo è il messaggio che ho sempre dato agli immigrati: la formazione è un’arma, se non ce l’hai, non potrai combattere per i tuoi diritti.
Ognuno di noi, soprattutto immigrati di prima generazione, può fare qualcosa nel suo piccolo e cambiare la sorte dell’immigrato qua in Italia.
Non dobbiamo diventare tutti politici per farlo, ognuno di noi, soprattutto chi è qui da tanto tempo, deve mettersi in testa che la sua vita è una lezione per quelli che sono appena arrivati, che la sua vita è una lezione per quelli che devono ancora arrivare, e che la sua vita deve lasciare qualcosa di positivo per le generazioni future.
Testo proveniente dal sito di Radio Vaticana