Grande favore ha riscosso in tutto il mondo cattolico la lettera, indirizzata a Mons. Rino Fisichella in qualità di Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, con cui Papa Francesco ha stabilito nuove condizioni, oltre a quelle tradizionali, per ricevere l’indulgenza durante il Giubileo. La missiva, che nell’intento del Pontefice contiene indicazioni per facilitare l’incontro dei fedeli con la misericordia di Dio, riguardo ad alcuni aspetti giuridici ha sollevato però dubbi di legittimità canonica.
In particolare la rivista National Catholic Register, informatore appartenente al gruppo editoriale EWNT, fondato dall’ormai ultranovantenne Suor Angelica Rizzo, ha pubblicato ieri un articolo del canonista Benedict Nguyen che, pur con estremo rispetto, ha sollevato delle questioni di diritto che andranno necessariamente chiarite.
Innanzitutto egli si domanda quale forma di autorità, dal punto di vista canonico, sia attribuibile alla lettera, non essendo una legge (Canone 8), né un decreto generale (Canone 29) e neppure un decreto esecutivo generale (Canone 31). Non si tratta nemmeno di una “istruzione” (Canone 34) e non si configura come un motu proprio.
Nguyen fa notare che la mancanza di forma ufficiale di tale missiva, creando ambiguità esecutive e dubbi giuridici, potrebbe provocare l’annullamento o la sospensione di alcune delle sue applicazioni (Canone 14).
In secondo luogo egli osserva che il Papa sembra concedere la possibilità a tutti i sacerdoti di perdonare il peccato di aborto, però va considerato che vi è una distinzione tra il peccato di aborto in se stesso e la scomunica che potrebbe derivarne ai sensi del Canone 1398.
Infatti il peccato è una condizione morale, la scomunica è un effetto giuridico che priva un cattolico di alcuni diritti e benefici derivanti dall’essere in piena comunione con la Chiesa cattolica (Canone 1331).
Nguyen rileva quindi che occorre fare chiarezza, perché la scomunica non è necessariamente sempre “automatica” (latae sententiae) in quanto possono esserci casi di esenzione o di circostanze attenuanti, come elencato nei Canoni 1323 e 1324.
Egli rammenta poi che, mentre nelle Chiese Orientali il perdono del peccato di aborto è riservato al solo vescovo (Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, 728), nel rito latino, presumendo che qualcuno sia incorso effettivamente non solo nel peccato ma anche nel rigore giuridico della scomunica, la capacità di revocare tale pena è riservata ai vescovi, che in molte diocesi degli Stati Uniti (e anche d’Europa, ndr), hanno delegato tale compito ai sacerdoti con facoltà di ricevere la confessione validamente.
Quindi per il canonista statunitense il problema risiede nel fatto che la lettera del Papa non fa menzione riguardo alla revoca della scomunica ma, piuttosto, sembra concedere ai sacerdoti la sola possibilità di perdonare il peccato.
Un’ambiguità ulteriore deriva dal fatto che la lettera sembra ampliare la concessione a tutti i sacerdoti indistintamente.
In altre parole, senza ulteriori specificazioni, sembrerebbe che questa generica permissione di perdono si possa estendere anche ai sacerdoti scomunicati, a quelli sotto interdetto, ai dimessi dallo stato clericale, a coloro che appartengono a gruppi scismatici o comunque irregolari, ai sacerdoti i cui vescovi hanno limitato o tolto la capacità di confessare.
E, provocatoriamente, Nguyen si domanda se, in caso affermativo, questi sacerdoti potranno solo perdonare quel peccato o anche tutti gli altri.
La terza questione che il canonista pone è quella che riguarda l’autorizzazione ai sacerdoti della Fraternità San Pio X (FSSPX) di concedere l’assoluzione validamente e lecitamente a tutti i fedeli che ne facciano richiesta, gesto questo che egli considera veramente generoso da parte di Papa Francesco, il quale nella lettera esprime la speranza che in un futuro prossimo si restauri la piena comunione con quella realtà.
Tuttavia egli rileva che i sacerdoti della Fraternità San Pio X per il momento non sono in comunione con la Chiesa cattolica e non è pensabile che possano riconciliarsi entro l’inizio dell’Anno della Misericordia.
Si chiede poi come mai non vi sia stata una comunicazione diretta con i religiosi della Fraternità, che nel suo comunicato di ringraziamento al Papa dichiara di averne avuto notizia solo a mezzo stampa.
Nguyen trova poi sconcertante che la lettera non usi esplicitamente la parola “facoltà” quando menziona la concessione ai sacerdoti della FSSPX. Mentre sembra che la mens sia quella di concedere loro proprio una facoltà, in realtà la lettera pone l’accento solo sul bene dei fedeli e il loro rapporto con quei religiosi.
Quindi si domanda se si tratti della concessione della facoltà generale di ascoltare tutte le confessioni o se vi sia qualche tipo di limitazione che il Santo Padre prevede, dal momento che pone l’accento non sui sacerdoti FSSPX, ma sui i fedeli che li avvicinano.
E, se si tratta di una concessione generale della facoltà, si chiede perché non sia stato usato tale termine mentre, se invece ci sono dei limiti, perché non siano stati elencati.
A quanto evidenziato da Benedict Nguyen va aggiunto che né la Bolla di indizione dell’Anno Santo né la lettera indirizzata a Mons. Fisichella indicano le condizioni necessarie per lucrare l’indulgenza plenaria.
Le questioni poste dal National Catholic Register non sono cavilli pretestuosi per delegittimare gli atti pontifici relativi al Giubileo della misericordia. Al contrario, l’intento dell’autore dell’articolo è di fornire un contributo per rimuovere il rischio che l’insorgere di dubbi giuridici provochi l’annullamento o la sospensione di alcune delle indicazioni pontificie, come legittimamente previsto dal Diritto canonico.
Quindi egli si augura, come tutti i cattolici, che le questioni sollevate vengano esaurientemente chiarite e risolte e che le intenzioni del Santo Padre possano essere attualizzate in forma valida e lecita.