Papa Bergoglio ha sicuramente grande stima e affezione a Gesù Cristo, ma sembra pensare che si possa fare meglio. Gesù ha cercato di convocare gli uomini attorno alla Verità e la Verità divide, smaschera la menzogna, costringe a cambiare, diventa segno di contraddizione e urta il potere che crocifigge quella medesima Verità sul Calvario. Invece Bergoglio ha pensato di dare al mondo il prodotto che il mondo chiede, per esempio sul matrimonio e i temi eticamente sensibili.
Un cardinale all’uscita dal Conclave disse che “con Bergoglio non cambia il prodotto, ma solo la pubblicità”. Ma presto si è dovuto ricredere.
C’è un prodotto diverso e Bergoglio stesso ne è il testimonial. Il suo cristianesimo non ha l’ambizione di convertire (non sia mai). Il papa argentino cerca semplicemente di raccogliere tutti attorno alla sua persona. Anche quelli delle altre religioni, come ha dimostrato nello sconcertante video dell’Epifania.
Dove infatti egli afferma che tutti – anche buddisti o islamici – sono già “figli di Dio” senza bisogno del Battesimo, cioè senza bisogno di Gesù Cristo (invece nella dottrina cattolica tutti gli uomini sono creature di Dio chiamate alla salvezza, ma “figli di Dio” si diventa solo attraverso Cristo e il Battesimo).
Una recente copertina di Newsweek si chiedeva: “Is the Pope Catholic?” (Il Papa è cattolico?).
Papa Bergoglio ha già risposto che “non esiste un Dio cattolico” (lo ha detto in un’intervista a Scalfari), aggiungendo, nella stessa intervista, che “ciascuno di noi ha una sua visione del Bene e del Male” e quindi deve seguire “quello che lui pensa sia il Bene”.
Bergoglio evita più possibile i temi scomodi che dividono (come l’aborto) e cavalca i temi dell’ovvio dei popoli, come l’ambiente e il riscaldamento globale o la condanna dei politici e della corruzione.
Inoltre annuncia un Dio che perdona tutto e sempre “a prescindere” e “a priori”, cosicché tutti si trovano giustificati nel loro modo di vivere senza bisogno di pentimento e di conversione: “Lui ti aspetta, così come tu sei, non come ti dicono ‘che si deve fare’ ” (Omelia dell’8 gennaio).
A proposito di quei pastori della Chiesa che ancora “ti dicono che si deve fare” (cioè che ricordano la necessità del pentimento e la conversione), lui da tre anni provvede a rovesciare ogni giorno critiche su di loro, delegittimandoli agli occhi del mondo.
Così da quando è arrivato in Vaticano papa Bergoglio ha trasformato la Santa Sede: non più la roccia di difesa della fede cattolica (e dei cristiani), ma una macchina di esaltazione e di propaganda del mito planetario Giorgio Mario Bergoglio.
In effetti è diventato una star che gareggia in popolarità con Steve Jobs, Shakira e la Ferrari. In Italia è un mito mediatico come Valentino Rossi, Checco Zalone o Belen.
E’ l’idolo di tutti i mangiapreti e di tutti media laicisti, figurarsi di quelli clericali che, nei giorni scorsi, sono andati a contare i suoi “seguaci” sui social, non afferrando la differenza fra “followers” di Bergoglio e fedeli di Gesù Cristo.
LA DURA REALTA’
Così in Vaticano sono rimasti molto contrariati, per la pubblicazione, una settimana fa, dei numeri catastrofici i quali provano che, in questi tre anni, i lontani non si sono convertiti e i fedeli cattolici stanno sempre più fuggendo in massa da papa Bergoglio, perché il suo prodotto non corrisponde alla loro fede.
In Vaticano non possono gridare al complotto perché quei dati, ormai da anni, vengono resi noti dagli stessi uffici vaticani, quindi sono incontestabili.
Allora, una settimana fa, membri dell’entourage bergogliano si sono precipitatati ad affermare che il crollo è dovuto alla paura del terrorismo dopo gli attentati del 13 novembre a Parigi.
Argomento risibile. Perché il crollo non riguarda solo dicembre 2015, ma tutto il triennio di Bergoglio. Come ho scritto domenica scorsa, le presenze agli incontri col Papa nel 2015 sono crollate del 45 per cento rispetto al 2014 e sono addirittura dimezzate rispetto al 2013.
Gli ecclesiastici addetti alla propaganda hanno evocato le difficoltà create dai controlli della sicurezza, ma sfortunatamente sono appena usciti i dati sull’afflusso di turisti al Colosseo-Fori imperiali-Palatino e si è scoperto che nel 2015 è stata l’area archeologica più visitata del pianeta dopo la Grande Muraglia Cinese.
C’è stato infatti un record di presenze (+5,7 per cento rispetto al 2014) sebbene quei luoghi di Roma siano anch’essi bersagli del terrorismo e pure lì bisogna superare controlli e metal detector (e pure le proteste sindacali).
Allora il partito bergogliano ha fatto sapere che la fede non si conta in numeri. Argomento giusto. Ma non funziona se hai capovolto il messaggio della Chiesa dicendo che così “l’uomo moderno” l’avrebbe finalmente accettato. Nel 2014 stato c’è perfino il crollo della frequenza alla messa domenicale in Italia (mentre la popolarità mondana di Bergoglio toccava il picco).
BUTTARLA IN CACIARA
Così è stato mandato monsignor Fisichella ad almanaccare un po’ per far dimenticare i dati catastrofici resi noti dalla Prefettura della Casa pontificia i quali dicevano che a dicembre 2015 si è registrato un crollo del 30 per cento nelle presenze di pellegrini agli incontri pubblici con Bergoglio, rispetto al dicembre 2014, nonostante fosse iniziato il Giubileo.
Dunque Fisichella ha annunciato trionfale a “Repubblica” che a un mese dall’inizio dell’Anno Santo è stato registrato circa “un milione di presenze agli eventi giubilari”.
Il problema però è la fuga massiccia dagli incontri con Bergoglio. Non si può rispondere con i dati sui passaggi dalle Porte Sante, dove Bergoglio non c’è.
Infatti lo stesso Fisichella ha spiegato che la cifra di “un milione” di presenze “oltre agli appuntamenti solenni comprende in realtà anche il flusso dei pellegrini che ogni giorno hanno attraversato le Porte Sante, da San Pietro a Santa Maria Maggiore, da San Paolo fuori le Mura a San Giovanni in Laterano, fino a quella del santuario del Divino Amore aperta dal cardinale Vallini nel giorno dell’Epifania. Ed è per questo che i numeri si differenziano da quelli resi noti dalla Prefettura della casa pontificia”.
I cui dati si riferivano agli incontri dove era presente papa Bergoglio ed erano confrontati con dati omogenei. Oltretutto l’inizio del Giubileo, l’8 dicembre 2015, avrebbe dovuto portare un fortissimo aumento di presenze anche agli incontri col papa che ha avuto un calendario fittissimo di 23 appuntamenti nel solo mese di dicembre. Invece è accaduto il contrario: un crollo del 30 per cento rispetto al dicembre 2014.
IL GRANDE FALLIMENTO
Sono cifre catastrofiche per il partito bergogliano che qualcuno di loro relativizza facendo un confronto con gli anni di Benedetto XVI, ma qui entrano in gioco fattori diversi e occorrerebbe uno studio accurato.
Il tema è il pontificato di Bergoglio. I fatti dicono che c’è stato un crollo dei pellegrini presenti agli incontri con lui dal 2013 al 2015. Come si spiega? Perché l’iniziale entusiasmo è poi diventato cocente delusione? Perché Bergoglio crea smarrimento tra i fedeli e non attira i lontani?
Oltretutto anche il numero di pellegrini che hanno varcato la Porta Santa dovrebbe essere confrontato con i numeri dell’ultimo Anno Santo, quello del Duemila, ma – chissà perché – Fisichella non lo fa.
Infine Sandro Magister, il decano dei vaticanisti, ieri ha aggiunto un problema: ha pubblicato la testimonianza diretta di un autorevole confessore per capire “il reale ‘effetto Francesco’ sulla vita religiosa con lo sguardo più ravvicinato e diretto del pastore d’anime, del confessore. Il quale scrive d’aver sperimentato durante questo pontificato non solo un ulteriore calo dell’accesso alla confessione sacramentale, ma anche uno scadimento della ‘qualità’ delle confessioni stesse. Uno scadimento a cui non appare estraneo un utilizzo di certi detti di papa Jorge Mario Bergoglio che hanno avuto un enorme successo mediatico”.
Provocando però effetti disastrosi sulla vita spirituale e sulla Chiesa.
Antonio Socci
Da “Libero”, 10 gennaio 2016
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