La tragedia del piccolo Charlie ha inquietato gli animi di tantissima gente, sia laici che cattolici. C’è oltretutto un sovrappiù di strazio, perché i genitori avrebbero almeno voluto portare a casa il bambino… Ieri, mano a mano che passavano le ore, un’onda di commozione e dolore ha attraversato tante coscienze, i telefoni dell’ambasciata britannica e la mail dell’ospedale sono stati intasati, tanto che ancora qualche giorno è stato concesso al bambino.
Si sono fatte spontaneamente centinaia di veglie di preghiera, dappertutto, e molti cattolici hanno preso d’assalto il centralino della Segreteria di stato vaticana e di Santa Marta per chiedere un intervento urgente di papa Bergoglio.
Lui parla su tutto, ogni giorno. Ha tuonato perfino contro coloro che si tingono i capelli (“a me fa pena quando vedo quelli che si tingono i capelli”).
Ma – nonostante le richieste – Bergoglio si è rifiutato ostinatamente di dire una sola parola in difesa della vita di Charlie Gard (silenzio totale come per Asia Bibi e per tutti i casi non “politically correct”).
Eppure la vita del piccolo Charlie sarebbe un po’ più importante del problema della tintura dei capelli che assilla il vescovo di Roma.
Così il passaparola – sulla rete – ha fatto circolare i numeri di telefono vaticani e l’invito a farlo sapere all’interessato.
Un diluvio di telefonate si è abbattuto su Santa Marta (perfino il “Daily mail” ne ha dato notizia). Le suore del centralino (che è andato in tilt) dicevano: “stanno telefonando tantissimi…”.
C’è pure chi ha dovuto tentare dodici volte per prendere la linea. Dopo un po’ le suore hanno cominciato a dare le risposte che sono state suggerite dall’alto.
Una delle tante telefonate: “ho chiamato per chiedere urgentemente che il Papa intervenga in modo concreto per salvare la vita del bambino Charlie Gard”.
Risposta della suora: “sì, il papa sta pregando per tutti quelli che devono prendere una decisione”. Replica: “no guardi, la decisione l’hanno già presa. Bisogna che intervenga subito per salvarlo”. Dall’altra parte silenzio, imbarazzo e poi: “Ah capisco, preghiamo…”.
Alcuni chiedevano di riferire al papa e a mons. Paglia che devono uscire dai palazzi del potere, altri dicevano che sono lontani dal cuore del popolo cristiano e che devono ascoltare il popolo di Dio, aggiungendo pure che c’è molta indignazione.
Le suore rispondevano: “va bene. Provo a passarle qualcuno”. Ma nessuno, negli uffici chiamati, rispondeva.
Dopo un po’ di tempo le suore hanno cominciato a rispondere che “il papa è stato avvisato”. Poi a Santa Marta, qualcuno che desidera sempre ricevere applausi e lodi (e si fa in quattro per essere elogiato dai media), ha cominciato a inquietarsi e infuriarsi.
Così le suore hanno avuto istruzioni più dure e hanno preso a ribattere che non si dovevano intasare le linee e che si era già espresso mons. Paglia.
Ma era proprio perché le parole di Paglia hanno sconcertato che il popolo cristiano esigeva una parola chiara da Bergoglio in difesa della vita del bambino.
In tanti – grazie alla rete – hanno e sviscerato questo caso, leggendo la sentenza e maturando un giudizio ponderato anche grazie a esperte come Assuntina Morresi ed Eugenia Roccella.
E’ una generazione che è cresciuta con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, una generazione che avverte drammaticamente la pericolosa china che si ormai da anni si è imboccata (specialmente in Europa), una china ideologica nemica della vita umana (basti pensare all’aborto). Tutti stavolta hanno detto: “Je suis Charlie”.
E’ la generazione che ha ancora nel cuore le parole accorate che le consegnò come testamento spirituale Giovanni Paolo II quando scrisse questa preghiera-promessa:
“Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata…
Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita.
Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l’autorità di distruggere la vita non nata…
Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un’emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio…
Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto”.
E’ il popolo della vita che, da solo (senza capi), ha alzato la sua voce: sono loro che ieri hanno fatto sapere all’attuale inquilino di Santa Marta che non è su quella poltrona per occuparsi della sorte delle zanzare e dei piccoli vermi, come Bergoglio ha fatto accoratamente nella sua enciclica ecologista.
Basta anche con gli attacchi a chi si tinge i capelli. Bisogna difendere la vita umana, a cominciare dai più piccoli e indifesi.
E’ stata un’insurrezione web, un “adesso basta” popolare. Ieri, addirittura, nel primo pomeriggio via cellulare è circolato pure un invito a una veglia di preghiera organizzata per la sera stessa, alle ore 19, in piazza San Pietro, all’obelisco.
Il popolo della vita si è scontrato a Santa Marta con il muro di indifferenza e di ostilità di Bergoglio (come per il Family day). Egli non costruisce ponti verso di loro, solo muri.
Ma qualche ecclesiastico è stato trascinato a prendere la posizione giusta. Il nuovo presidente della Cei, Bassetti – forse per un sussulto di coscienza, che gli ha fatto dimenticare per un attimo il bergoglismo acquisito e gli ha fatto ricordare di essere stato fatto vescovo da Benedetto XVI – è stato indotto, dalla pressione popolare, a fare una dichiarazione chiara: “Questa straziante vicenda tocca l’anima di ogni persona e non può lasciare nessuno nell’indifferenza. Ogni azione che pone fine a una vita è una falsa concezione della libertà. Ogni vita dall’inizio alla fine va accolta e difesa” .
Non è molto, ma è già qualcosa. Meglio di Bergoglio si è comportato anche il presidente della Repubblica Mattarella.
Nei giorni scorsi più di cinquemila persone avevano sottoscritto un appello per un suo intervento a favore di Charlie (ne ho dato notizia su queste colonne).
Il Presidente non è stato sordo e indifferente: ha subito attivato i suoi uffici per capire se poteva percorrere le vie suggerite nell’appello.
Ha voluto poi far sapere che ci aveva provato, anche se, purtroppo, senza trovare spiragli. A chi aveva fatto appello a lui è dunque arrivata la sua risposta tramite il consigliere diplomatico.
La lettera (mi è stata fornita da uno dei firmatari, Giovanni Gibelli, che ringrazio) riconosce che il “delicato e drammatico caso del piccolo Charlie Gard” rappresenta “una vicenda particolarmente dolorosa, che tocca la coscienza di ciascuno di noi e solleva interrogativi complessi”.
Nella lettera (arrivata alla vigilia del pronunciamento della Corte) si legge ancora: “A seguito della sua istanza, si è immediatamente approfondita l’eventualità di un intervento di carattere politico o riguardante lo ‘status civitatis’ del piccolo Charlie, ed entrambe le opzioni, tanto in ragione dell’imminenza della pronuncia della Corte quanto della circostanza che vede il caso all’attenzione del potere giudiziario britannico, non appaiono purtroppo in alcun modo percorribili”.
La lettera si conclude manifestando “personale vicinanza e solidarietà” ai firmatari “e idealmente al piccolo Charlie e alla sua famiglia”.
Era immaginabile che il Presidente Mattarella non disponesse di appigli giuridici per intervenire, ma quantomeno ha provato a studiare la cosa, si è interessato e ha voluto manifestare i suoi sentimenti di dolore e di solidarietà verso Charlie e la sua povera famiglia.
Sembra poco, ma, di questi tempi, un po’ di umanità e di sensibilità è molto.
PS Alle 20.30 papa Bergoglio si è parzialmente arreso all’assedio con un tweet ipocrita dove non nomina mai Charlie: “Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo”.
La brutta figura rimane. Un papa vero non si comporta così.
Antonio Socci
Da “Libero”, 1 luglio 2017
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