C’è uno sfondo quasi apocalittico nello storico incontro di papa Francesco con il patriarca ortodosso Kirill e s’intravede nella solenne Dichiarazione che hanno firmato: “Dalla nostra capacità di dare insieme testimonianza dello Spirito di verità in questi tempi difficili dipende in gran parte il futuro dell’umanità”.
E’ un’ombra apocalittica che – in modo discreto – si trova nel magistero di tutti gli ultimi papi, da Pio XII a Benedetto XVI (ne parlo proprio nel mio libro, “La profezia finale”).
Siamo del resto nell’epoca della minaccia atomica planetaria e oggi del terrorismo globale. Il tempo in cui l’autodistruzione dell’umanità è diventata possibile.
E’ stato lo stesso Francesco, ripartendo verso il Messico, a sottolineare sull’aereo questo aspetto con una frase enigmatica: “Io mi sono sentito davanti a un fratello… Due vescovi che parlano… sulla situazione del mondo, delle guerre, che adesso rischiano di non essere tanto ‘a pezzi’, ma che coinvolgono tutto”.
Finora Francesco aveva detto che è in corso una “terza guerra mondiale a pezzi”. Ora intravede il rischio della sua esplosione globale.
Sono stati proprio i tempi drammatici che viviamo a urgere per questo riavvicinamento della cristianità orientale e di quella romano-cattolica.
Ortodossi e cattolici si sono già trovati uniti nel martirio sotto i totalitarismi del Novecento (il secolo del grande macello di cristiani) e di nuovo oggi si trovano perseguitati e uccisi insieme, soprattutto in Medio Oriente dove si stanno sradicando intere (e antichissime) chiese.
PERSEGUITATI
Questo è il principale motivo dello storico incontro e la “Dichiarazione” lo afferma esplicitamente:
“Il nostro sguardo si rivolge in primo luogo verso le regioni del mondo dove i cristiani sono vittime di persecuzione. In molti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa i nostri fratelli e sorelle in Cristo vengono sterminati per famiglie, villaggi e città intere. Le loro chiese sono devastate e saccheggiate barbaramente, i loro oggetti sacri profanati, i loro monumenti distrutti. In Siria, in Iraq e in altri paesi del Medio Oriente, constatiamo con dolore l’esodo massiccio dei cristiani dalla terra dalla quale cominciò a diffondersi la nostra fede e dove essi hanno vissuto, fin dai tempi degli apostoli, insieme ad altre comunità religiose. Chiediamo alla comunità internazionale di agire urgentemente per prevenire l’ulteriore espulsione dei cristiani dal Medio Oriente. Nell’elevare la voce in difesa dei cristiani perseguitati, desideriamo esprimere la nostra compassione per le sofferenze subite dai fedeli di altre tradizioni religiose diventati anch’essi vittime della guerra civile, del caos e della violenza terroristica”.
C’è poi un punto specifico sulla Siria, terreno di confronto fra Putin e Obama. La Dichiarazione che vuole dialogo e pace e chiede di debellare il terrorismo, è obiettivamente conflittuale con i progetti bellici di Turchia, Arabia Saudita e Stati Uniti.
STORIA ROVESCIATA
E’ noto che la Chiesa ortodossa russa è oggi molto vicina al presidente Putin che ha scelto – come prospettava profeticamente Solzenicyn negli anni Settanta – di liberare il Paese dall’ideologia comunista (e dai tentativi di colonizzazione occidentale) tornando alle radici cristiane del popolo russo.
La Dichiarazione dà un grande riconoscimento a questa rinascita cristiana dei Paesi che subirono l’ateismo marxista.
E poi il Papa e il Patriarca denunciano la “restrizione della libertà religiosa” che si verifica in quei paesi occidentali che un tempo furono cristiani e liberali: “i cristiani si scontrano sempre più frequentemente con una restrizione della libertà religiosa, del diritto di testimoniare le proprie convinzioni e la possibilità di vivere conformemente ad esse. In particolare, constatiamo che la trasformazione di alcuni paesi in società secolarizzate, estranee ad ogni riferimento a Dio ed alla sua verità, costituisce una grave minaccia per la libertà religiosa. È per noi fonte di inquietudine l’attuale limitazione dei diritti dei cristiani, se non addirittura la loro discriminazione, quando alcune forze politiche, guidate dall’ideologia di un secolarismo tante volte assai aggressivo, cercano di spingerli ai margini della vita pubblica”.
Il riferimento è anzitutto all’Europa:
“invitiamo a rimanere vigili contro un’integrazione che non sarebbe rispettosa delle identità religiose. Pur rimanendo aperti al contributo di altre religioni alla nostra civiltà, siamo convinti che l’Europa debba restare fedele alle sue radici cristiane”.
Assistiamo così al ribaltamento della storia: mentre gli Stati Uniti di Obama incarnano oggi la minaccia di un imperialismo ideologico laicista e anticristiano, che viene pesantemente imposto anche attraverso istituzioni internazionali come l’Onu e la Ue, invece i Paesi ex comunisti rappresentano una resistenza a questa nuova “colonizzazione ideologica” (Francesco). E non intendono subirla come subirono il comunismo.
Questo fronte dell’Est non è politicamente compatto, ma anch’esso conflittuale (ad esempio Polonia e Russia non sono alleate). Vi sono ostilità politiche nei confronti di Putin.
Invece la comune religione cristiana supera le divisioni politiche e unisce cattolici e ortodossi nella battaglia contro le persecuzioni anticristiane e contro “la dittatura del relativismo” che si sta dispiegando in Occidente.
PAROLE ESPLOSIVE
Ecco quindi le fortissime parole contenute nella Dichiarazione sui cosiddetti “principi non negoziabili”. Anzitutto in difesa della famiglia naturale uomo-donna:
“Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene estromesso dalla coscienza pubblica”.
Il patriarca Kirill nell’estate del 2013 ha evocato scenari apocalittici attaccando proprio quella “serie di Paesi” dove “negli ultimi tempi” si stanno legalizzando i matrimoni omosessuali e dove “quelli che, in coscienza, combattono tali leggi imposte da una minoranza vengono repressi”.
Tutto ciò, secondo il Patriarca, che guarda gli eventi in un’ottica spirituale, è “un pericoloso segno dell’apocalisse”, quindi ha chiesto che tali leggi non si affermino nel “territorio della Santa Russia… perché questo significherebbe che la nazione ha intrapreso la strada dell’autodistruzione”.
Parole simili aveva pronunciato anche il cardinal Bergoglio nel 2010 da arcivescovo di Buenos Aires: “Qui c’è l’invidia del Demonio, attraverso la quale il peccato entrò nel mondo: un’invidia che cerca astutamente di distruggere l’immagine di Dio, cioè l’uomo e la donna che ricevono il comando di crescere, moltiplicarsi e dominare la terra”.
Nella Dichiarazione congiunta di venerdì poi si dice: “Chiediamo a tutti di rispettare il diritto inalienabile alla vita. Milioni di bambini sono privati della possibilità stessa di nascere nel mondo. La voce del sangue di bambini non nati grida verso Dio (cfr Gen 4, 10)”.
C’è poi una dura condanna dell’eutanasia. Infine una forte preoccupazione per lo “sviluppo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, perché la manipolazione della vita umana è un attacco ai fondamenti dell’esistenza dell’uomo”.
E’ chiaro che la firma su questa Dichiarazione solenne espone il Papa sul tema oggi bollente in Italia delle unioni gay (è ben più duro di Bagnasco).
Si dirà che le sue successive dichiarazioni in aereo ne minimizzano la portata (“Non è una Dichiarazione politica, è una dichiarazione pastorale, anche quando si parla del secolarismo e di cose esplicite, della manipolazione biogenetica e di tutte queste cose”).
Tuttavia questo documento sottrae di fatto il Papa all’agenda Obama e onusiana a cui spesso è sembrato aderire. E forse l’irritazione degli ambienti obamiani, dell’establishment europeo e dei regimi islamisti non tarderà a farsi sentire.
Antonio Socci
Da “Libero”, 14 febbraio 2016
Nelle immagini: una scena del film “Andrej Rublev”
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