È cominciato in Iran il processo al cristiano Saeed Abedini, americano di origini iraniane detenuto nelle prigioni di Teheran da settembre e che rischia di essere impiccato. L’uomo, sposato con due figli e musulmano convertito, è stato arrestato per la prima volta nel 2009 dopo essere tornato nel suo paese per un viaggio.
Costretto a firmare un foglio dove si impegnava a non fare proselitismo, dopo diversi altri viaggi in Iran, durante i quali ha anche fondato un orfanotrofio, a settembre 2012 è stato arrestato ancora con l’accusa di avere violato il documento.
CRISTIANI INTERROGATI. L’uomo ora si trova nel Braccio 26 della Corte rivoluzionaria di Teheran e sarà giudicato da Pir-Abassi, conosciuto come un «giudice spietato». Alle prime udienze del processo né Saeed né il suo avvocato hanno potuto partecipare, mentre cristiani venivano portati in aula e interrogati. Tra le domande, il giudice chiedeva se si fossero convertiti al cristianesimo per “colpa” di Saeed e se l’orfanotrofio sia stato fondato con capitale straniero.
AMICI MINACCIATI. Il 23 gennaio scorso Saeed doveva essere liberato su cauzione, come promesso dal giudice al suo avvocato, ma questo non è avvenuto. Sattari, che ha aiutato la famiglia di Saeed a fare la richiesta della cauzione, è stato minacciato dalle autorità iraniane di smetterla se non voleva perdere il lavoro e avere la casa distrutta.
«TEMO L’IMPICCAGIONE». Il 24 gennaio scorso la famiglia è andata a trovare Saeed nella prigione di Evin, ma le autorità hanno detto che non si trova più lì e che non sanno dove sia. Come riferito dal Centro americano per la giustizia e la legge (Aclj), che è in costante contatto con la famiglia di Saeed, il cristiano ha paura di «essere impiccato per la mia fede». Sempre Aclj ha raccolto 225 mila firme sotto una petizione che chiede che Saeed venga liberato e che il Dipartimento di Stato degli Usa intervenga in suo favore. Cosa che non è ancora avvenuta.
Leone Grotti
Fonte: Tempi.it